mercoledì 19 novembre 2014

LE CHIUDENDE.








A CURA DI  Tullio Moledda


RICORDIAMO L’EDITTO DELLE CHIUDENDE.


Il risultato degli studi e delle proposte della Società Agraria fu l’editto delle chiudende, emanato nel 1820, pochi mesi dopo che a Napoli erano scoppiati i primi moti carbonari d’ Italia. Mentre nella penisola italiana ci si batteva per la democrazia e per la costituzione, nella nostra isola ci si occupava ancora di un problema vecchio... quanto i nuraghi!L’editto si proponeva di proteggere l’agricoltura, senza però danneggiare la pastorizia. chi possedeva un campo, infatti, poteva recintarlo (chiuderlo, da cui CHIUDENDE) purché che tale appezzamento non costituisse un luogo di passaggio, ne fosse adibito a pascolo o contenesse fonti o abbeveratoi; con la nuova legge, insomma, la proprietà privata sostituiva la proprietà collettiva. La legge, tutto sommato, non era cattiva: ma come spesso accade, <fatta la legge trovato l’inganno>. Immediatamente spuntarono gli approfittatori, gente senza scrupoli, che non esitarono a creare gravi inconvenienti: alcuni, < comprando > i testimoni, si appropriarono terreni mai posseduti e tanto meno coltivati; altri, alla faccia dell’editto, incorporarono nelle recinzioni anche terreni da pascolo e numerosi pozzi o abbeveratoi. Naturalmente, i primi a rimetterci furono i poveri pastori, costretti a pagare altissimi canoni d’affitto e spesso privati dei migliori terreni a pascolo; del malcontento approfittarono i Feudatari: tutti quei piccoli proprietari terrieri, creati della nuova legge davano loro parecchi fastidi, limitandone in parte la potenza e i privilegi cui erano abituati da secoli!Spesso, dunque, furono i Baroni a istigare le rivolte dei pastori contro l’editto e gli speculatori che ne avevano approfittato: e in tutta l’isola si susseguirono sommosse dei pastori che spesso sfociarono in vere battaglie. Questa situazione, al fine, convinse Carlo Alberto, nel 1833, a sospendere l’editto e i suoi problematici effetti.