venerdì 29 settembre 2017

RICORDI SCOLPITI NELLA MIA MENTE.






Testimonianza raccolta da Capitano ( Giuseppe Idile)



...primi  anni 70


Mi ritrovai li a vegliare mia nonna:
nonna Mariangela mi aveva fatto anche da madre, in quanto i miei genitori morirono giovani per primo mio padre d’incidente stradale e pochi anni dopo mia madre in seguito a una grave malattia. 

Nonna si era presa cura di me, se pur in tempi difficili, si adoperò per creare quelle condizioni atte a farmi vivere dignitosamente. Mi seguì assiduamente sin dai tempi della scuola; pensava a tutto lei: Mi accompagnava e mi veniva a prendere all’uscita, se combinavo delle marachelle a scuola lei mi redarguiva amorevolmente e mi propinava dei sermoni lunghi ore e ore, citava esempi di intolleranza da parte di bambini ribelli, suoi coetanei ai tempi in cui lei era adolescente, che nella vita a venire non conclusero mai un bel niente.

La casa era quella al piano basso in una palazzina di via Frigaglia; le finestre, della camera dove mia nonna giaceva, erano alte e si affacciavano sulla piazzetta denominata "Pattiu di lu Diauru". Da fuori si sentiva il chiasso dei bambini che giocavano a pallone - ( <come in una scena di Leopardiana memoria>) e ogni tanto qualcuno di questi, pensieroso e con cauta preoccupazione sbirciava dentro casa. 

Era una mattina di primavera, quando sentii bussare alla porta. Mi trovai davanti una signora, molto bella, sulla quarantina e di sobria eleganza vestita, che mi disse di chiamasi Clara e mi chiese di poter entrare per dare un saluto a mia nonna. Aveva saputo che non stava troppo bene. La feci entrare e la signora, in composto silenzio si avvicinò al letto dove la mia cara congiunta era ormai caduta da giorni in una specie di stato di incoscienza che si alternava a momenti di lucidità.

La signora le prese la mano e la chiamò: "Mariangela ciao, sono io, come stai? Mia nonna si svegliò improvvisamente e con sguardo stupito ma lucido la fissò intensamente <Clara>! disse… che sorpresa.... ero certa che saresti venuta a trovarmi." Le due donne sembrava parlassero con gli occhi, senza però spiccicare parola. Io tra me e me pensavo.. <Ma che bella signora, mai e poi mai l’avevo vista prima>..., e invece tra lei e mia nonna c’è una tale profonda conoscenza che mai avrei immaginato. Ed ecco che Arrivò Don Vargiu e si raccolse con noi in preghiera, con l’olio santo faceva il segno della croce sulla fronte di mia nonna che lo guardava sorridendo. Don Vargiu, col chierico al seguito, mi salutò e andò via.



 A un certo punto mia nonna mi fece cenno di avvicinarmi a lei, mi prese la mano e me la strinse forte ... era arrivato il momento di porgermi il suo, per me tragico, addio. Confuso tra il reale e l'arcano, risentii la sua voce, sembrava rinata e mi disse ciao luigi, grazie di tutto sono fiera di te e chiuse gli occhi per non riaprirli mai più. Scoppiai in un pianto irrefrenabile, urlavo Nonna Nonna!!!!, le lacrime sgorgavano contro la mia stessa volontà. Provavo un po’ di imbarazzo in presenza della signora Clara, ma lei mi abbracciò e mi chiese di farmi forza poiché questa era la legge della vita e che i genitori e i nonni sono destinati a salutarci prima. Mi strinse le mani, aprì la borsetta, prese un fazzoletto e mi asciugò le lacrime. Mi diede un bacio sulla guancia e andò via anche se io avrei voluto dirle tante cose, chiederle di ripassare a trovarmi ma ero però troppo addolorato. La seguii con lo sguardo, mentre si allontanava per la strada finché, con passo felpato ed elegante, scomparve innoltrandosi in via Maddalenedda.

Che giornata pesante. Un Macigno per me. Non che non mi aspettassi la dipartita di mia nonna, però non in questo modo.

Arrivò il medico di famiglia che refertò il decesso; arrivarono le vecchiette della via che si disposero intorno al letto e iniziarono a recitare il rosario. 

Per smorzare il dolore e per distrarmi un po’, mi attivai subito per organizzare le esequie. Lasciai mia nonna in custodia alle vecchiette e, col certificato del medico, mi recai al comune per stilare la denuncia di morte avvenuta. Chiesi anche che pratiche dovevano esser esperite per la tumulazione: e fu allora che, con mia grande sorpresa, mi venne comunicato che, presso il cimitero monumentale, in una tomba da 4 posti, della famiglia Satta-Branca, vi era un quinto posto disponibile e proprio destinato a Mariangela Satta ( Mia Nonna ). Io ero all’oscuro di tutto, mai e poi mai avrei potuto pensare che mia nonna potesse avere dei legami con codesta famiglia. Mio nonno, morto molto giovane, sapevo che era stato seppellito presso il cimitero di Porto Torres e che successivamente i suoi resti vennero riposti in un ossario comune. 

Mia nonna quando c’era la ricorrenza dei morti, andava a pregare per lui in chiesa a San Donato, proprio perché non sapeva dove fossero esattamente le spoglie di suo marito. 

Mi recai al cimitero in avanscoperta per vedere questa tomba, non riuscivo a trovarla; anche i custodi ebbero una certa difficoltà, ma alla fine la trovammo. Era "un cantiere": l'edicola tutta realizzata in pietra di trachite ma senza nomi, c’erano dei muratori che lavoravano poiché era stato commissionato un restauro. Il responsabile dei lavori mi chiese di fornire il nome e le foto di mia nonna, il tutto perché il giorno seguente avrebbero completato i lavori e avrebbero proseguito a riposizionare sulle lapidi tutti i nomi e foto dei presenti già all'nterno della cripta. Le foto sarebbero state disposte in un libro di marmo scolpito antico, che era stato portato al restauro.

Mi promisero che, visto il triste momento, avrebbero accelerato i lavori per far trovare tutto pronto in occasione del funerale. Chiesi anche se avessi dovuto pagare per il lavori e loro mi risposero che le spese erano tutte a carico del comune in quanto la tomba era stata classificata monumento e che vi era anche un’ appartenenza privata, però il controllo e la manutenzione erano diventati di cosa pubblica. 

Passai in agenzia di onoranze funebri e presi accordi per le esequie. Ritornai a casa e grazie alle amiche vicine di casa , vestimmo la nonna per il suo ultimo viaggio. Io continuavo a piangere. Passammo la notte a vegliare e pregare. Arrivò il fatidico giorno dell’estremo saluto, poca gente: qualche mio vecchio collega della Sir qualche vecchietta della via.

Mi dispiacque non vedere quella bella signora Clara che era venuta a trovare la nonna a casa. Dopo la santa messa celebrata da Don Sini al duomo, San Nicola, ci avviammo verso il cimitero. La bara con le spoglie vennero ospitate nel deposito del camposanto, dopo un’ultima benedizione di don Vargiu nella cappella cimiteriale. Tutti andarono via e io rimasi, da solo. ancora un po’ davanti al feretro della nonna vicino a tante altre bare. Luogo un po’ tetro. Andai via e spinto dalla curiosità, mi recai presso la tomba, per vedere come procedevano i lavori: Le opere murarie erano veramente state portate a termine. < Sulla tomba c’era uno splendido angelo marmoreo con qualche pezzo mancante, ma perfettamente lucidato a nuovo e sulla pietra tombale cinque nomi e altrettante foto... quella di mia nonna e degli altri defunti> .

Ma un brivido mi avvolse quando vidi tra le foto quella della Signora Clara Satta, sorella di mia nonna morta a 38 anni di itterizia: il brivido e lo stupore tra il credere e non crede mi confondevano le idee, ma inequivocabilmente ebbi l'assoluta certezza che era stata lei a venire a portare conforto alla sorella.

Adesso tutto è più chiaro, Io sono ritornato a Genova, città nella quale vivo attualmente. Di volta in volta quando sono a Sassari vado in quel cimitero a portare un mazzo di fiori a quei congiunti che neanche sapevo di avere. Non ho mai raccontato questa storia a nessuno per non essere considerato pazzo. Ma ora che sono cresciuto, se pur richiedendo un po di riservatezza, La racconto a voi.

UN SINCERO ABBRACCIO .





venerdì 25 agosto 2017

Piroscafo città di Sassari - sono le ore 11,20. Un forte boato..............



Il relitto del “Città di Sassari” si trova su un fondale sabbioso, ad una profondità di circa 30 metri, in posizione 44°06’35” latitudine Nord e 8°15’26” longitudine Est, tra Ceriale e Borghetto S.S..

Piroscafo a due eliche, 2167 tonnellate di stazza lorda, costruito dalla Società Bacini Riva Trigoso nel 1910, con dimensioni di stazza 83 x 4 x 7; scafo in acciaio, due ponti, tre ordini di bagli, sette paratie stagne con doppiofondo parziale. L'apparato motore (da 2768 cavalli) con due macchine gemelle a triplice espansione, sei cilindri, quattro caldaie cilindriche monofronti e dodici forni, consentiva una velocità di navigazione di 15 nodi.


All'inizio del 1915, quando l'Italia era ancora neutrale, il “Città di Sassari” fu protagonista di un episodio assai frequente all'epoca per le navi dei paesi non belligeranti: come 'postale' per le Ferrovie dello Stato serviva nel tratto Civitavecchia-Golfo Aranci quando venne fermato dal CT “La Hire” francese che, dopo ispezione a bordo, catturò 30 passeggeri tedeschi, come risulta dall'estratto del giornale di bordo del 1° gennaio 1915:“Alle 22:45 avvistato piroscafo che con un colpo di cannone a salve intima di fermare le macchine. Ammainata una lancia con un ufficiale e sei persone chiedono il permesso di salire a bordo. Visto che tra i passeggeri c'erano 30 tedeschi l'ufficiale ci impose di consegnarglieli, considerandoli prigionieri di guerra. Alle ore 03:00 terminato il trasbordo dei passeggeri catturati, l'ufficiale francese ci ha lasciato liberi di continuare la nostra rotta”.
Lo stesso mese il giornale savonese “Il Letimbro”, il 30 gennaio 1915 dedica alla “Città di Sassari” questo articoletto, intitolato “La brillante manovra del Città di Sassari a Civitavecchia - Il 28 gennaio 1915 a Civitavecchia vi era una terribile mareggiata per fortunale di libeccio che aveva arrecato gravissimi danni. Il postale della Sardegna 'Città di Sassari', comandato dall'intrepido cavaliere Repetto, nostro concittadino, sorpreso nelle vicinanze di quel porto dal fortunale, ha resistito superbamente alla violenza delle onde ed è giunto in perfetto orario tra gli applausi di quanti assistevano trepidanti all'arrivo emozionante”.

All'entrata in guerra dell'Italia la nave venne requisita, armata con 2 cannoni da 120, un cannone da 57 e 2 antiaereo da 76 e destinata a Taranto. Era al comando l'allora Capitano di Fregata Accame di Loano, che presiedette ai lavori di montaggio e revisione generale; il 27 gennaio 1916 ricevette istruzioni per dirigere su Valona “alle dipendenze della terza divisione per l'esodo delle truppe serbe da Durazzo”. 

In questa sua prima missione trasportò da Durazzo a Valona 550 soldati serbi; il 6 febbraio 1916, insieme all'incrociatore “Agordat”, scortò un grosso convoglio in partenza dal porto di Durazzo composto da tre navi francesi e cinque navi italiane con complessivamente diecimila uomini tra soldati e profughi serbi. Il 25 febbraio, nonostante imperversasse un tempo orribile, scortò insieme a molte altre unità, i piroscafi che trasportavano i soldati italiani sgombrati da Durazzo. Secondo il Manfroni fu una delle più belle operazioni logistiche di tutta la guerra. Il 'Città di Sassari' sparò più volte per impedire al nemico di occupare quote strategiche e interdirgli il passaggio lungo la strada di Tirana; poi, fino alla fine di aprile 1916, rimase in missione nel tratto Brindisi-Valona. Nella prima metà di maggio fu alla fonda per manutenzione a Brindisi dove dovette contrastare numerosi attacchi aerei nemici e poi di scorta ai drifters nel Canale d'Otranto col CT “Fauch”. Per tutto il restante 1916 fece da scorta alle navi trasportanti nostre truppe dal fronte nordafricano, con soste a Tobruck . .

Nel 1917 è a La Spezia, sempre utilizzata come scorta ai convogli; Il 1° dicembre 1917, alle ore 4:00 del mattino, al comando del Capitano di Corvetta Guido del Greco partì da Villefrance scortando un convoglio formato dai piroscafi “Polinesia” (italiano), e “Norden” e “Villa de Soler” (spagnoli); giunti all'altezza di Ceriale, alle ore 11:20 la vedetta avvistò un periscopio “di prora a dritta”e poco dopo si vide partire un siluro diretto contro la nave ad una distanza inferiore ai 200 metri; nel suo rapporto sull'affondamento il capitano Del Greco descrive quei momenti:

“...... Ho subito dato ordine al timoniere di servizio, sottonocchiere Pardini, di mettere il timone a dritta e pur sapendo che ciò mi allontanava dalla costa volevo, oltre a diminuire l'incidenza del primo siluro, premunirmi per il secondo lancio o, nel caso di mancato scoppio, cercare di investire il sommergibile se fosse riapparso col periscopio. Questo non emerse che per il lancio e per così breve istante che non fu possibile sparargli contro. Avvenuta l'esplosione in corrispondenza della plancia ho dato immediatamente ordine di mettere il timone tutto a sinistra …... ma la nave ubbidiva poco al timone perchè la poppa cominciava ad emergere. ….. Detti ordine col telegrafo e a voce fi fermare la macchina e di abbandonare i locali. Siccome l'affondamento avveniva rapidamente …. dedussi che il siluro doveva aver colpito in corrispondenza della carbonaia delle caldaie di prora, demolendo così la paratia divisionale dei due maggior compartimenti della nave. Furono calate a mare le imbarcazioni e le zattere di salvataggio e i 170 membri dell'equipaggio vi presero ordinatamente posto. Io rimasi solo sulla plancia, desiderando mantenere il mio posto sino a che l'acqua non mi avesse raggiunto. La nave, dopo circa tre minuti dall'esplosione si sommerse con la prora, l'acqua contemporaneamente raggiunse la coperta a dritta e a sinistra. Mi sono trovato così in mare assistendo al completo affondamento della nave che è rimasta con gli alberi fuori”

Il comandante fu poi recuperato da una lancia che aveva raccolto poco prima il comandante in seconda. Il CT “Granatiere” raccolse 160 superstiti che furono condotti e accasermati a Savona mentre 8 naufraghi avevano già preso terra a Borghetto; il capitano medico Giulio Garetti, chhe aveva voluto cooperare al mantenimento dell'ordine a bordo, finì travolto dal gorgo di poppa e morì dopo essere stato raccolto in mare privo di sensi. Rimasero quasi sicuramente vittime dell'esplosione stessa il fuochista Arnaldi Antonio e gli allievi fuochisti Cannatiello Salvatore e Garofalo Domenico, in servizio alle caldaie di prora al momento dello scoppio. 

L'artiglieria PR di Loano vide alle 12:46 emergere la torretta di un sommergibile e aprì il fuoco ma il sottomarino fece una rapida manovra di immersione e scomparve.

Su questo relitto furono tentati vari recuperi. Su “La Stampa” di Torino dell'8 agosto 1937 si legge:

“Nuovo tentativo di recupero di un piroscafo silurato. Circa dieci anni fa una Compagnia di recuperi livornese la vorò per qualche tempo a turare le falle del piroscafo per tirarlo a galla, con scarsi risultati. Ora una compagnia genovese sta tentando nuovamente il recupero riducendo la nave in pezzi per usufruire del materiale utilizzabile”.

Anche su “Il Messaggero” del 14 giugno 1938 si legge: “Una ditta di recuperi ha ripescato la campana di bordo, del piroscafo 'Città di Sassari', che è stata donata al Santuario della Mercede, santuario che commemora i caduti di guerra”. 

Anche la ditta Virgilio Lertora di Loano iniziò il 5 agosto 1955 il recupero del relitto ma lo sospese il 15 dicembre dello stesso anno.











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giovedì 2 marzo 2017

I CAVALIERI


A  CURA DI :  @mariogrimaldi








Diventare cavalieri non era solo un diritto acquisito ma soprattutto significava esser votati ad una vita di duro sacrificio, infatti, il bambino destinato a diventare cavaliere riceveva un'educazione militare.




A sette anni imparava a montare a cavallo: a dodici lasciava la sua famiglia per andare a servire un signore, in genere amico del padre, del quale diventava prima paggio (in questa condizione era spesso anche al servizio della signora), poi scudiero, con l'incarico di trasportare il pesante scudo del feudatario.

Finalmente, a sedici o a diciotto anni, diventava cavaliere mediante tutta una cerimonia di carattere sacro: la vestizione, durante la quale, dopo una notte di veglia e preghiera nella cappella del castello. gli veniva consegnata solennemente la spada. Da li in poi, il cavaliere doveva distinguersi da ogni altro membro della società per la vita che conduceva e per il suo comportamento. Aveva il dovere di essere generoso, cioè non avaro, ma anzi pronto a dissipare le sue ricchezze in doni, feste ed elemosine, leale e fedele nei confronti del suo signore e dei suoi compagni, coraggioso e pronto, dunque a battersi di fronte alla minima provocazione; inoltre, come cristiano doveva difendere la Chiesa. 
Questo in teoria. Nei fatti le cose andavano molto diversamente. Infatti il problema dei feudatari e dei loro cavalieri era che essi continuavano ad avere come cultura e come e come unica ragione di vita la violenza e trascorrevano quasi tutto l'anno a razziare e combattere. 
La turbolenza dei cavalieri era tale che si cercò di "incatenarla" nello spettacolo sportivo del TORNEO.
Grazie per l'attenzione.
@mariogrimaldi.


venerdì 17 febbraio 2017

In merito alla STORIA



IL LAVORO DEGLI STORICI




Parliamo, scriviamo e ricerchiamo sempre argomenti storici.... e già! La storia è la nostra passione!

Ma non sempre ci ricordiamo di quell'importantissimo profilo professionale che è quello dello storico senza il quale non avremo mai potuto trovare un filo conduttore dai fatti che dai tempi remoti di ieri e attraverso mutazioni, nuovi eventi e il progresso ci conduce alla nostra esistenza di oggi. Ovvero lo storico è quello studioso che ricostruisce la storia seguendo un procedimento scientifico, e poi la fa conoscere a tutti scrivendo dei libri. 

Conoscere il lavoro dello storico è molto importante perchè capire la storia è frutto di un processo attivo per molti aspetti simile e complementare al "ricostruire la storia stessa". Ma che cosa è la storia se non la scienza che studia il passato o, meglio ancora, è la scienza che studia i cambiamenti che gli uomini hanno conosciuto nel corso del tempo. La Storia indaga quindi nel passato per conoscere i modi di vivere, di agire, di pensare dell'umanità così come sono cambiati nel tempo. Ma, oltre che nel tempo, gli uomini vivono anche nello spazio: nella città, nelle campagne, in regioni vicino al mare oppure sulle montagne. La storia quindi ricostruisce, non soltanto il passato degli esseri umani, ma anche i loro spostamenti nello spazio.