martedì 10 marzo 2015

THATHARI. ESISTENZA STORICA DELLA FONTE DEL ROSELLO

      
A CURA DI: Sassari Storia.



ESISTENZA STORICA DELLA FONTE DI ROSELLO




Partendo da quanto scritto dal Costa, cerchiamo di percorrere se pur brevemente, la - STRADA - , corso, dell’acqua chiara.Ecco cosa scriveva lo storico sassarese: “” Prima che la valle e le altre circostanti fornissero le acque alla fonte del Rosello e a quella delle Conce, la somministravano all’antica città di Torres, per mezzo di un superbo acquedotto, di cui vedonsi anche oggidì i ruderi. Ad un centinaio di metri dalla chiesa di Sant’Antonio in Sassari, in vicinanza ad un orto, è un avanzo dell’ acquedotto romano , che merita di essere conservato, mentre nessuno che io mi sappia ne ha rilevato l’importanza. E’ costruito in cemento, pietre e mattoni ed ha la lunghezza di una sessantina di metri. Nella parte superiore vrdrdi un incavo quadrato per il passaggio dell’acqua: ai fianchi notansi due cunette ed aperture triangolari, nonché nove piedritti, forse speroni per rinforzare il canale””.
Nella valle del Rosello esisteva un acquedotto romano?Sempre Enrico Costa confermò questa tesi citando testimonianze del Fara, del Vico e dell’archeologo Giovanni Spano.Il Fara (1580) vide le arcate dell’acquedotto e scrisse che era alimentato dalle sorgenti dell’ Eba ciara, il Vico (1639) aggiunse che l’acqua passava per “arcos de muY grande altura, segun la profundidad de los valles”. L’archeologo Spano, dopo accurato studio su una iscrizione latina scoperta nel 1835, durante i restauri al porto di Torres, segnalò le vestigia dell’antico acquedotto sparse per la regione di Romangia per un percorso di venti miglia romane e rilevò che un certo Tito Flavio Giustino, per ottenere l’onore del Duumvirato (nella Roma repubblicana, una delle tante magistrature formate da due persone era la carica di duumviro)quinquennale, aveva versato all’erario 35 mila sesterzi per costruire pecunia sua (a sue spese, coi suoi danari) il serbatoio (lacum a fundamentis) e la conduttura dell’acqua. (T.Flavius Justinus, lacum a fundamentis pecunia sua, sumptaque aqua induxit”). Allaccio per via acquifera Turris Libyssonis, attraverso l’amena valletta del Rosello alle sorgenti dell’Eba ciara.< Oggi con una seria mappa alla mano, si può tranquillamente ripercorrere il tragitto dell’acquedotto >.Le sorgenti sgorgano dal colle S. Antonio (m.296 l.d.m.) a circa tre chilometri dalla città, lungo la strada per S. Francesco... Dalle sorgenti si forma un rio, che si incanala in una stretta valle e discende da quota 270/260 sotto il colle S.Quirico; a quota 240 (Cabbu de Spiga) si congiunge con un altro rio a quota 210 (pressapoco vicino alla strada, attualmente prolungamento dell’attuale Via G. Deledda, che conduce verso Filigheddu). 
A questo punto di confluenza il rio Eba ciara si sposta a destra sotto il groppo di Monte Attentu, poi si incurva a sinistra, quasi erodendo la roccia fino a raggiungere la periferia cittadina. Sorgenti, rio e valle vennero battezzati con l’unico nome: EBA CIARA. Dalla periferia cittadina, sotto il colle di Valverde (Cappuccini) e quello di Baddemanna, e cioè da quota 210 a quota 193, rio e valle Eba ciara prendono il nome dalla fonte: ROSELLO. Qui infatti come in una forra(stretta gola di erosione) fa mostra il Rosello monumentale, una volta semplice sorgente, pozzo, fontana rustica.A pochi metri di distanza l’acqua scompare sottoterra fertilizzando la valletta, che forse una volta, ombreggiata da querce e da lauri, mostrava caverne tipo Domus de Janas (ancora qualcuna si può vedere, anche dal Ponte). Il Rio però ricompare sotto il terrapieno di Viale Sicilia, discende verso la linea ferroviaria (olim orto dove era l’avanzo dell’acquedotto romano) e in località Funtanazza si mostra nuovamente e più o meno affiancato alla strada turritana, con altri nomi si immette nel Rio Ottava nei pressi del Monte d’Accoddi.
L’acquedotto romano, così, raccolte le sorgenti dell’ Eba ciara, seguendo il corso del rio conduceva l’acqua nel grande serbatoio (lacum) di Turris Libyssonis, forse in prossimità dell’attuale basilica di San Gavino.L’acquedotto fu visto sicuramente dai rustici pastori mastrucati e pelliti e forse parve loro un ponte più lungo di quello costruito sul Fiume Santo, un ponte strano con l’acqua sopra, una sorta di demonio, un terrorizzante serpentone che succhiava l’acqua chiara, se la faceva scorrere per tutta la sua lunghezza per poi scaricarla in un enorme pozzo, che ad essi poteva apparire un magnifico tempio.Per concludere ci riallacciamo alla domanda iniziale: In quel tempo (siamo nel II secolo d.C.) esisteva il Rosello?
Foto rappresentante  " Lu Bazzamu" reperita nell'archivio  Web.

Data la presenza dell’acquedotto nella valletta amena e dato il tracciato della strada romana Ottava-Osili, non molto distante dalla stessa valle, si può pensare che il Rosello esistesse come sorgente, come pozzo, come “abbadorgiu”, caro agli agresti e pastori nomadi, sempre alla ricerca di acque pure, ristoratrici riiparate dal sole e dai venti. Acqua leggendaria sotto le arcate storiche dell’acquedotto romano, bevuta per millenni da gente storica e da bestiame senza storia, ma sempre acqua di fonte preziosa.
(M.G.