sabato 31 gennaio 2015

Sassari: nuraghe di Li Luzzani a Predda Niedda.




Il nuraghe di Li Luzzani


È il testimone più antico di Sassari. Una sentinella che per tremila anni, dall'alto di una collina, ha visto la città nascere, crescere, espandersi. La zona industriale si è fermata a pochi metri dalle sue pietre. Il nuraghe di Li Luzzani, re dimenticato di Predda Niedda, è uno dei monumenti più importanti del centro urbano. 

Per Massimo Pittau, professore emerito di Linguistica all'università di Sassari, quello di Predda Niedda è, in assoluto, il monumento più importante della città.

Ben più delle mura medievali, della fontana di Rosello o delle piazze del centro. Eppure, lo stato in cui attualmente si trova il nuraghe non è dei migliori. Dopo la campagna di scavi del 1994, che ha permesso di capire la consistenza del sito, ma che si è fermata quasi subito per carenza di fondi, l'area è stata abbandonata. Li Luzzani è diventato un enorme cespuglio. Per capire che sotto la vegetazione c'è un nuraghe, bisogna andarci a sbattere contro.

Oltre alla struttura principale, formata da una grande torre centrale e altre tre torri più piccole, ci sono almeno due capanne, che formavano il villaggio nuragico. 

Il terreno è di proprietà di un privato, ma l'area è vincolata dalla soprintendenza. «Un nuraghe all'interno di un centro urbano è una rarità - afferma Massimo Pittau -, quello di Predda Niedda è straordinario. Potrebbe diventare un'attrazione turistica.

Durante gli scavi del 1994 (pulitura e indagine superficiale), a Li Luzzani furono ritrovati frammenti in terracotta di statuette di Cerere (la divinità delle messi), realizzate a Turris Libyssonis, e che in età romana sono tipiche dei culti della fertilità. In quell’epoca, infatti, in gran parte della Nurra, i nuraghi venivano usati come luoghi di culto. Inoltre, sono state individuate piccole vasche scavate nella roccia, che venivano usate nella produzione del vino. Il fondo del nuraghe, però, potrebbe nascondere altri reperti importanti”.

martedì 20 gennaio 2015

SASSARI: Anni 20 del 1900.










A CURA DI: Mario Grimaldi



SASSARI ANNI 20 del 1900. 

<(Incremento edilizio periferico)>
"La città inizio la sua espansione verso le periferie la più popolata delle quali era quella che cingeva il quartiere di Monte Rosello: sicuramente la Via principale era quella intitolata alla grande poetessa Grazia Deledda.“La via non era un viale e neppure una bella strada. Era grigia e curva come una schiena d’asino (come descritta da I. Delogu), fiancheggiata da casupole a piano terreno, raramente a uno o due piani, che ripetevano lo schema delle abitazioni della città vecchia, con più sole e luce. Non era poco, al confronto della greve umidità del vecchio centro.La strada arrampicava sul dorso della collina di calcare, dove un tempo erano case di pietra e tufo. Sassari aveva rifiutato a estendersi in pianura, per non danneggiare gli olivetti che giungevano sino ai giardini delle case di periferia e gli orti che per lungo arco ne erano la ricchezza più tradizionale.Ecco che ora Sassari cresceva, disordinata e pigra, continuamente spinta dalla fame dei commercianti e degli impiegati che aumentavano. Era quello un ramo staccato del futuro popoloso nuovo quartiere di Monte Rosello, allora caratterizzato dalla desolazione e sbiadito, subito, in alto dove finiva - dopo le ultime case - dal ritmo arido e sghembo dei muretti a secco verso i quali saliva, dalle scarpate polverose, l’odore dei cardi e delle mente."



venerdì 16 gennaio 2015

Medioevo Al Femminile.












A CURA DI: Mario Grimaldi


PILLOLE MEDIOEVALI: Medioevo al femminile.
Nascere maschio o femmina non è mai stato - ci insegna la storia riferita alla società - in nessuna civiltà indifferente. 
Appena il neonato emette il primo vagito, la mentalità comune classifica la bambina in un gruppo distinto , il "genere" femminile, e le assegna un ruolo radicalmente diverso da quello che attribuisce al "genere" maschile. Ciò è in parte vero ancora oggi. Tanto più lo fu nella società basate sull'agricoltura, che chiamiamo "pre-industriali", in cui per lunghi periodi fu praticato addirittura l'infanticidio femminile.
Fin dalle origini queste società crearono due sfere: una pubblica in cui fu collocato il maschio, una domestica, in cui fu rilegata la femmina, che non poteva fare politica, sedere nei tribunali, insegnare, predicare, combattere.
Per secoli l'uomo esaltò se stesso soffocando sul nascere le voci contrarie delle donne, finché, nell'antica Grecia, un grande filosofo, Aristotele, non arrivò a teorizzare in modo "definitivo" la superiorità fisica e intellettuale del maschio, la sua maggiore affidabilità, la sua maggior forza del suo carattere. Dopo più di mille anni di storia occidentale sfavorevole alle donne, il MEDIOEVO era stato in complesso un epoca più aperta alla realizzazione della personalità femminile, <(abbiamo già scritto in questa pagina - riportato poi sul nostro blog - sulla civiltà feudale e del suo trionfo e quindi del primato della famiglia sullo stato e come la CASTELLANA fosse proprietaria e amministratrice dei suoi beni, in grado di sostituire il marito lontano per la guerra e, capace persino di presiedere in tribunale, comandare un esercito privato e difendere un castello)> nello stesso periodo, la rinascita della città creava nuove opportunità anche per la donna borghese. Per crescere, infatti, un centro urbano aveva bisogno di aziende familiari armoniose ed efficienti, in cui moglie e marito collaborassero con pari competenze alla gestione degli affari, e all'inizio non pose limiti all'uno e all'altro sesso. "La città rende liberi" diceva un detto popolare:
Anche la donna lavoratrice che arrivava dalla campagna trovava immediatamente lavoro come apprendista: nelle società in crescita, in cui il bisogno di manodopera è alto, le donne non hanno mai avuto, allora, problemi di disoccupazione.
Ma, nel Basso Medioevo spuntarono anche le scuole femminili, "cultura" significava non solo leggere e scrivere, ma anche conoscere il latino, senza il quale non ci si poteva accostare ne alle Sacre scritture o ai trattati di teologia né ai testi di pittura, architettura, economia, medicina. Non per tutte certamente, ma normalmente per le pulzelle di alto rango avveniva l'educazione in casa, nei rigidi confini delle stanze riservate alle femmine.
(mariogrimaldi).








giovedì 15 gennaio 2015

Saccargia



A CURA DI: Mario Grimaldi






A circa 16 Km da SASSARI lungo la S.S. detta "direttissima per Olbia" ((in territorio di Codrongianos)), in una verde e silenziosa vallata. solitaria sorge questa basilica appunto fondata dal giudice Costantino I° di Torres e dalla propria moglie Marcusa. Venne costruita in forme romaniche da maestranze pisane. Il nome "SACCARGIA" potrebbe derivare da "s'accargia" che tradotto significa "la vacca pezzata": l'attendibilità dell'origine del nome è anche supportata dall'effige scolpita in un capitello del portico sui suoi quattro lati; rappresenta una mucca, che secondo la leggenda si inginocchiava sul dosso dopo poi venne edificata la chiesa, quasi in atteggiamento mistico (o per far offerta del suo latte ai fraticelli di un convento che sorgeva li attorno). 
Un altra leggenda è invece quella che ci racconta che il giudice Costantino e la sua sposa Marcusa, provenienti da una loro visita da Ardara e diretti a l porto di Torres, sostarono in quel convento suddetto ed in quella occasione esternarono ai frati il loro grande desiderio, che fino ad allora non erano riusciti ad esaudire, di avere un figlio; i religiosi consigliarono loro di pregare la Vergine Maria che pare ascoltò le loro richieste ed apparve in sogno a Marcusa rassicurandola che l'evento della maternità si sarebbe verificato da li a poco. Così fu e quando la loro creatura venne alla luce ordinarono di edificare la chiesa per ringraziamento e riconoscenza nei confronti della Madonna. 
L'Abbazia donata ai Camaldolesi fu consacrata nel 1116. 
M.G.



mercoledì 14 gennaio 2015

Piroscafo Postale 1836.




A CURA DI: Antonio Carta






(Da il libro di Francesco Bua  < IL LICEO AZUNI >)
"Piroscafo postale. Nell'estate del 1835 la vaporiera Gulnara collegò per la prima volta Porto Torres con Genova. Vittorio Angius la descrive come " un battello a propulsione laterale mediante ruote a pale, con ciminiera altissima quasi quanto l'albero di prua le cui vele venivano allora impiegate in aggiunta alla forza delle macchine ", in seguito sulla stessa rotta fu aggiunto il piroscafo Ichnusa e quindi nel 1841 un terzo battello più grande e moderno, il Tripoli. La traversata da Porto Torres durava 23 ore, mentre mentre per chi partiva da Cagliari ne occorrevano 38. Prima dell'era dei battelli a vapore la durata del viaggio variava a seconda delle condizioni meteorologiche e, soprattutto nei mesi autunnali e invernali, poteva arrivare fino ad un mese e mezzo. L'introduzione della macchina a vapore ha dato maggiore regolarità ai trasporti marittimi e terrestri e riducendo i tempi di percorrenza, ha contribuito al diffondersi della rivoluzione del ' 48 in europa."




lunedì 12 gennaio 2015

Breve ma intensa amicizia : come la si intendeva qualche decennio addietro.


    Se nell'anno in cui è stata scattata questa foto l'avessimo potuta pubblicare su facebook avrebbe sicuramente dato l'impressione di un fotomontaggio, infatti era veramente raro potersi immortalare con dei ragazzi di colore, io, per esempio era la prima volta che ne vedevo girare per Sassari.


  Conobbi questi due ragazzi ,con i quali abbiamo posato per questa foto, insieme ai miei parenti, per lo scatto effettuato presso il giardino di casa mia (Via Usai), che passeggiavano in Piazza Castello: ebbene, immediatamente non persi l'occasione di avvicinarli per socializzare con loro. 

    Appresi che facevano parte di una compagnia di ballo camerunense che si sarebbe dovuta esibire presso il teatro Verdi di Sassari. Non persi tempo e li invitai a prender un caffè  a casa mia per poterli presentare ai miei; dal caffè si passo al pranzo e alla cena e non solo per quel giorno perché non li mollai più. Non solo, dopo pochi giorni, una volta acquisita la giusta confidenza, la compagnia di invitati fu più numerosa, in quanto si aggiunsero altri membri tra ballerini e ballerine loro compagni d'arte.

    Il rapporto si verifico per me tanto forte che mi fu difficile di accettare la loro partenza, sapendo che non li avrei rivisti mai più. Piansi , al momento della loro partenza, per oltre una settimana per la coatta perdita di quegli occasionali amici con i quali si era radicata una amicizia vera e propria.



    Di loro mi rimasero solo alcuni regali. tra i quali delle tuniche africane ed alcuni oggetti esotici, a parte il ricordo che ancora conservo. Parlavano in maniera eccellente il francese.

(Io sono quel ragazzino in basso a sinistra col ciuffo ribelle e inginocchiato a fianco del giovanotto dai capelli crespi). 



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domenica 11 gennaio 2015

La CAVALCATA



E quando negli anni 60 c'era l'Evento Cavalcata sarda...... cesss... umbè di jenti. Tutti all'emicicolo... ajò.
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venerdì 2 gennaio 2015

Un pezzo di storia dell'arte.

A cura di Don Esteban Palmas 


Questo pezzo di Storia dell'Arte della Mia Terra , arrivò a me, forse perchè il destino così ha voluto , anni fa dopo la morte di una mia anziana prozia . Ritrae in foto il secondo, dopo mio Zio Stanis Dessy, dei miei Miti, Giuseppe Biasi. Ritratto, ancora giovanissimo, in foto d'arte, allora era proprio così, dal Fotografo Cossu Fadda. Su commissione dei suoi amici di allora, che firmarono tutti la stampa, presumibilmente per celebrarne i successi, già conseguiti, nonostante la giovane età. Infatti, era già noto anche oltre Tirreno, come disegnatore di note testate giornalistiche dell'epoca . Notate la cornice Liberty, attribuibile ,sicuramente, ai suoi amici Fratelli Clemente, recante la data 1904 e la dicitura N.P., Notabili Persone, giunta a me purtroppo già danneggiata. La foto che oggi vi mostro, come potrete osservare, non ha il vetro . Infatti, non molto tempo addietro, una sera, dopo esser stato tanti anni appeso, con la sua corda di canapa originale, nel mio Studio/laboratorio, la corda si ruppe ed il quadro rovinò su un mobile situato al disotto di esso. Il vetro originale pesante e spesso, sicuramente proveniente dalla vetreria Silvetti, si ruppe ed ancora non è stato da me sostituito. Ho interpretato questo segno del Destino come un messaggio che il mio Vate, G.Biasi, voleva mandarmi. Perfino lui era stanco di quell'immobilismo al quale era stato relegato. Chissà se sarà stato contento del casino che ho fatto, nella Sua Sassari , con le mie sculture ? e chissà cosa si stanno dicendo lassù, lui e il mio grande zio Stanis Dessy?   Magari a mio Nonno Stefano Palmas, che è un po più in là, stanno dicendo :  "ebbè compà ! e già la fatta la mostra tuo nipote ! e giù a ridere tutti e tre."

Un Saluto affettuoso a Tutti Voi e Un Caro augurio di Buon 2015 dal Vostro.........

Don Esteban Palmas, alias Corona di Re Mani.