lunedì 29 dicembre 2014

AZUNI - DI Giovanna Sale




Cenni storici: 
Prof/ssa Giovanna Sale






Questo fu il primo monumento innalzato in Sassari in onore di un cittadino illustre; venne ideato nel periodo precedente l'epidemia di colera che travagliò la città nel 1855(morirono più di cinquemila abitanti su una popolazione censita di venticinquemila), il monumento sorse - per iniziativa delle autorità civiche, dei rappresentanti l'alta cultura nonché della gioventù studentesca - 
al centro della piccola piazza di forma triangolare laddove si era resa disponibile l'area in seguito dell'abbattimento della chiesa di Santa Caterina ,allorché ritenuta decadente e malsana, avvenuto nel 1857. Ad un discreto scultore di Genova (tal RUBATO) venne commissionata la realizzazione del marmo commemorativo che venne scoperto il 13 agosto del 1858; luccicò così l'epigrafe:
PER IMPULSO
DELLA GIOVENTU' STUDENTESCA
DIRETTA DA DETTA COMMISSIONE,
CONFORTATO DA PUBBLICHE
PRIVATE OFFERTE
(QMS -questo monum. sorse) Q. M. S.

Ed ecco, così, che la statua di D. A. Azuni da allora occupò lo spazio di quella piazzetta che, per la sua forma, ricorda la prua di un mercantile che segue la rotta in direzione di Porto Torres.

Il signore, il segretario, la locandiera.


A CURA DI : Mario Grimaldi


    A volte la storia che cerchiamo di raccontare, sulla base di fatti sentiti durante l’infanzia dai nostri vecchi, oppure letti chi sa dove, sprigiona la nostra fantasia, mossa dalla voglia dell’immaginare il come, tantissimi anni fa, si svolgeva ed evolveva la vita dei nostri predecessori. Ed ecco che la mente elabora quelle che io chiamo “Fantasie storiche” (anche se il tutto parrebbe una chiara antitesi: se fantasia è non può esser storia!) utili però per farci sognare e viaggiare, a ritroso nel tempo. Come tale, dunque dobbiamo accettare quanto sto per raccontare: un aneddoto recuperato da chi sa quale racconto o lettura appresi durante l’infanzia e gelosamente conservati nella cantina dei ricordi.... 
    Non so, forse intorno al 1800 Porto Torres era una cittadina portuale ricca di traffici. Pelli, tabacco, legname e molte altre mercanzie costituivano il traffico ogni giorno. Navi che scaricavano merci e navi che ne imbarcavano altre. Dall’alto i Gabbiani assistevano al benessere di gente impegnata in attività commerciali di ogni genere. I cavalli aspettavano fuori dalla “banca”, fuori dalle taverne, fuori dalle officine dove, uomini e donne, si scambiavano mercanzie, soldi e di certo “ALTRO”. In sella a due maestosi cavalli, un gentiluomo sassarese accompagnato dal suo segretario (che altri non era che un figlio del popolo con il quale il nobile, fin dall’infanzia aveva trascorso, in grande amicizia., la sua vita < questo però non era bastato a modificare i modi popolani del fraterno amico un po bifolco>), provenienti da Sassari fecero ingresso nella cittadina turritana ivi spinti per concludere alcuni affari. La strada principale, in quel sabato mattina, era gremita dalle persone più diverse: bambini sudici giocavano nei numerosi guazzi d’acqua piovana ai bordi della strada; beghine dalle lunghe gonne nere si muovevano quasi in processione verso la chiesa; mentre eleganti uomini d’affari, come formiche bianche su un campo bruciato, si distinguevano tra una moltitudine di persone abbigliate con semplicità. I nostri amici, poichè si appropinquava l’ora di colazione, notando verso la fine della strada una familiare insegna di una taverna, reputarono opportuno rifocillarsi dopo la loro lunga cavalcata, prima di compiere il loro doveroso onere per il quale erano giunti in città. Appena sceso di sella, il gentiluomo fu attratto da una donna bionda e dall’aspetto matronale che, armata di ombrellino gli era passata davanti. L’intensa fragranza del suo profumo e il sgargiante colore degli abiti aderenti che indossava risvegliarono nell’uomo una passione mai troppo sopita nonostante la sua mezza età. Vedendo che la donna gli aveva lanciato uno sguardo ammiccante, il gentiluomo non seppe trattenere il proprio ardore e, dopo un ammirato inchinino esordì, sfoggiando il suo miglior sorriso con una frase, chiaramente stereotipo di collezione: “Signora, la vostra bellezza offusca anche la più splendida rosa che sia mai stata colta”. La donna, visibilmente lusingata da quelle gentili parole, rispose abbozzando un sorriso, che subito dopo nascose dietro l’ombrellino rosa. Il tutto continuava a svolgersi sotto gli occhi del segretario, occhi che lampeggiavano di invidia mista ad imbarazzo popolano, quando ad un certo punto l’ardito e nobile dongiovanni estrasse dalla tasca, come per magia, un piccolo cofanetto di metallo e supplicò la signora di accettare in dono quel piccolo carillon. Lo strumento una volta aperto, diffuse nell’aria le dolci note del rondò della sonatina numero cinque di Muzio Clementi. Le guance della donna si venarono di rosso mentre estasiata da quella dolce musica, si portò la mano destra sul cuore. Fu allora che la procace Signora, dopo aver chiesto da chi venisse quell’omaggio e avendo appreso il nome e il titolo del gentiluomo che reputo ben adeguato alle sue buone maniere, si presentò anch‘ essa rivelando il proprio nome e la fortuita circostanza che la vedeva essere la padrona della locanda e che per tale motivo si sentiva onorata di invitare a colazione i due inaspettati nuovi amici che, più che volentieri, furono lieti accettare l’invito.
< (la signora era una piacente donna, intorno alla quarantina, il cui viso truccato con molta cura era appena percorso da qualche piccola ruga. Si seppe in seguito che la vita, in realtà, non era stata troppo tenera con Lei. A soli sedici anni, Beatrice - cosi la chiameremo con nome di fantasia - era stata mandata a servizio da un altro nobiluomo di Sassari. In realtà in quella casa, oltre ad aver assolto quotidianamente i doveri di una donna di servizio, aveva anche condiviso i piaceri del talamo con il suo datore di lavoro e l’affezione si era poi trasformata in amore, tanto che sul punto di morte il suo padrone l’aveva sposata lasciandola erede di ogni suo bene. Solo allora, un fratellastro della signora, un uomo che svolgeva una vita poco cristallina dal punto di vista della legalità, si ricordò di lei e così, nelle rare occasioni in cui le faceva visita, non perdeva tempo per vessarla e e spillarle ingenti somme di denaro. Ora la vedova divenuta nel frattempo padrona di quella locanda, godeva di una certa tranquillità economica, che solo a causa del congiunto non consanguineo non poteva definirsi vera agiatezza)>.Limitandomi a quanto riportato e non volendo entrare in particolari poco convenienti, mi preme dire che quello di quel giorno, in quel di Porto Torres, fu un incontro importante per i nostri personaggi: L’astuto gentiluomo tenne per se come amante la bella signora (dopo averla indotta a vendere la locanda) e la condusse a Sassari dove abito per molti anni, da allora, in qualità di moglie, fedele sposa, del suo fraterno amico e segretario. Dei nostri ignoti protagonisti di questo aneddoto che possiamo definire “Una fantasia storica” che ci accompagna in questi ultimi giorni dell’anno 2014, sicuramente non si vuole ricercare ne una morale ne una moralità per allora improbabile, ma corre l’obbligo di dire che, una volta estintasi la nobile famiglia sassarese alla quale apparteneva il nostro gentiluomo, continuano ad usufruire di tutti i suoi beni di sempre i figli che la bella signora seppe dare a lui e al suo segretario.. Purtroppo non furono in grado di acquisire il casato e fregiarsi del titolo, ma constà che, ancora al giorno d’oggi, i loro discendenti, invisibili e sconosciuti al mondo dei nobili, siano abbastanza ricchi e rispettati ma anche ignari delle loro origini e inconsapevoli che quanto tutto di loro pertinenza gli sia stato donato da una bella e generosa locandiera.
  • Mario Grimaldi.





domenica 14 dicembre 2014

Si dice che :


A CURA DI Antonio Carta


"A Sassari era antica tradizione (che forse resiste ancora oggi) di non convolare a nozze di venerdì. E nei tempi andati, certamente si osservava questa norma consuetudinaria molto più di oggi.

I popolani sassaresi, del resto, sono sempre stati precisi osservando certe credenze, come quella relativa al significato derivante dai fischi nelle orecchie. Se era quello destro che fischiava, voleva significare che in quel momento qualcuno diceva un gran bene della persona; se era il sinistro, significava che non solo si diceva male del soggetto, ma anche che la cosa poteva portare grande scalogna!
Quando si rovesciava l'olio o il sale sul tavolo, quando latrava un cane o si inciampava con il piede sinistro, ci si dobveva aspettare qualcosa di non molto buono. Per il piede destro, invece, l'inciampo avevaun significato di buon auspicio, perché sotto a quel piede poteva trovarsi un tesoro!
Se una persona rompeva uno specchio poteva capitarle una disgrazia perché, dicevano i vecchi sassaresi, era naturale che la persona della quale lo specchio rifletteva abitualmente l'immagine, doveva 
andare in malora.
Gli specchi, a Sassari, si coprivano con un velo o si voltavano verso il muro se in casa moriva qualche persona."
(C.F.R. Webber editore Renato Pintus).



venerdì 12 dicembre 2014

IRONICA SASSARESE.

A CURA DI: Mario Grimaldi









"Gli uomini sapienti" avevano deciso di costruire i grattacieli in "Capu de Villa", proprio come una volta fecero gli aragonesi realizzando il maestoso castello. Salvator Ruju in "Sassari veccia e noba", fece dire, con l'immancabile ironia sassarese, ad un popolano la frase scritta nel post e qui tradotta per chi non mastica bene il nostro dialetto:
(Trad. - il grattacielo nostro è un grande altare e sta bene in piazza Castello, passa il tempo e come Rosello diventa monumento nazionale).
M.G. 



martedì 2 dicembre 2014

IL Lampionaio e la luce elettrica a SASSARI

                                                                       





 A cura di :  Mario Grimaldi


Anche a Sassari, nel 1899 arrivò la "luce elettrica", ed allora era questo l'elemento che caratterizzava le notti della città, a differenza dell'ancora persistente oscurità dei villaggi.

Lo sviluppo demografico non era ancora molto avanzato, ma l'avvento dell'elettricità, che manifestava un notevole progresso, diede la parvenza di una avvenuta acquisizione di nuova connotazione e di rilevante differenza, nel modo di vivere, a confronto con i paesi e villaggi che ancora non avevano potuto usufruire di questo servizio.Ed ecco che così venne, per, a mancare la figura del lampionaio che fino ad allora aveva curato l'illuminazione pubblica. Ma non solo, l'arrivo delle lampade elettriche, ergo del progresso, privò di una sorta di abitudine o divertente gioco, i bambini cittadini che fino ad allora si erano trastullati raccogliendo dalle strade, quasi come per una sorta di collezione, i fiammiferi spenti lasciati cadere dal lampionaio.

Non poco l'illuminazione elettrica suscitò un interesse curioso che pervase la collettività, la città si illuminava improvvisamente, e non in ordine sparso, ma tutta insieme, grazie a queste lampade che si accendevano autonomamente, era scomparso quell'affascinante profilo professionale rappresentato dall'omino con la tasca piena di fiammiferi e che servendosi o di una lunga scala o di una lunga asta accendeva i vecchi fanali che illuminavano la notte.





lunedì 1 dicembre 2014

Sassari: Postetelecomunicazioni - sede centrale.


A CURA DI: Antonio Carta



UN PEZZO DEGLI ANNI 20.

Un pezzo di Sassari degli anni venti che nasconde o sviluppa un pezzo della Sassari antica. 
In questo caso vediamo il magnifico palazzo delle poste e telecomunicazioni, non bruto ma neanche bello, inaugurato dal ministro Costanzo Ciano ( padre di Galeazzo )nel 1926. 
E' l'unico palazzo pubblico della via Brigata Sassari. La quale via s'intitolava ai Giardini che furono creati dai sassaresi quando maturò il primo progetto di sviluppo della città storica.
Il palazzo delle poste è sorto sull'area ricavata dall'abbattimento del vecchio Orfanotrofio femminile che ospitava (e mia madre, che ha 92 anni, lo ricorda ancora ) anche l'asilo infantile più frequentato della città, poi sostituito dal grande caseggiato costruito ai limiti del futuro quartiere Porcellana.


Dunque, una Sassari recente che passa sopra qualche traccia della Sassari vecchia.
L'orfanotrofio sostituito dal palazzo delle poste originariamente era il convento dei Dominicani che officiavano l'attigua chiesa di Nostra Signora del Rosario.
Sul filo dell'edificio della futura via Brigata Sassari correva il tratto delle vecchie mura medievali che confluiva nel Castello Aragonese. Il palazzo delle poste, oltre a essere delimitato dalla via Brigata Sassari, viene delimitato anche dalla via Turritana e da Piazza Rosario.
(Antonio Carta).



domenica 30 novembre 2014

Sassari " Regio Orfanotrofio"

 A CURA DI: Antonio Carta 



Nel 1832
, il Marchese di Putifigari Don Vittorio Pilo di Boyl istitui nella grande proprietà l'orfanotrofio sassarese (Via Muroni) in seguito denominato "PIE FIGLIE DI MARIA".
Provvide, inizialmente , per due anni al ricovero, all'alimentazione ed educazione di un numero limitato di orfanelle, il tutto sotto la guida di una  maestra genovese  che era stata allieva  delle "Fieschine"; da un religioso che curava l'amministrazione esterna e da un'altro direttore spirituale.
Così il Marchese volle dare sostegno alle classi più povere e nel contempo, gettò le basi della grande struttura che ebbe da li a venire.















giovedì 27 novembre 2014

I Corsi a Sassari... cenno storico.

A CURA DI: Mario Grimaldi



I corsi, di nazionalità corsa si mescolarono a Sassari con i loro connazionali oramai naturalizzati sassaresi e li indussero, durante le tante fasi storiche di ribellione contro i potenti affamatori di allora, a partecipare a rivolte e lotte cittadine, coinvolgendo anche tanti altri sassaresi autentici malcontenti dei regimi loro imposti dai signori. 
La compagine era considerata composta da estremisti e intolleranti anarchici e la maggior parte dei suoi componenti, in un primo tempo, venne ghettizzata nel quartiere di S. Apollinare, appunto in quella via che poi prese, e ancora oggi lo mantiene, il nome di "Via Dei Corsi".



martedì 25 novembre 2014

PONTE DI ROSELLO, FONTANA E STATUA

A cura di : Capitano


Rosello - Ponte, fontana e statua.


I sassaresi nostalgici , per una decina d’anni, criticarono acerbamente “l’ommini sappienti”, restauratori del Rosello, fino al punto di accusarli di “baratteria”, perché non ricollocavano al suo posto la statua di San Gavino “GRURIOSU” : anni fa, mentre i filatelici esultavano per l’emissione del francobollo <<Rosello>> serie fonti celebri italiane, sul piedistallo della crociera venne ricollocata una nuova statua del santo glorioso, scolpita dallo scultore sassarese Gavino Tilocca.




lunedì 24 novembre 2014

Sassaresu in Ciabi



A cura di : Tino Grindi
"Sassaresu in ciabi" 
è ora che si spieghi che cosa esattamente vuol dire. 


Chiaramente, quello di essere sassarese almeno da sette generazioni, detto, usato da tanti anni non corrisponde al vero, ma è nato nel tempo, come uso improprio, per motivi campanilistici nei confronti dei forestieri che venivano ad abitare a Sassari, e quindi i Sassaresi, quelli veri, radicati da tempo nella città, rivendicavano le origini lontane dei loro antenati, perdiversificarsi da quelli venuti dall’esterno, da sempre chiamati, “accudiddi”.

I veri “sassaresi in ciabi”, così chiamati, erano dei privilegiati, solitamente ospiti dei governanti della città, che arrivavano a Sassari in visita e poi, fare delle escursioni esterne presso tenute o campagne, quindi il ritorno in città superava l’orario di chiusura delle porte della città, ma per loro, era consentito un rientro assistito a qualunque ora, tramite la guardia incaricata, che apriva la porta principale di Sant’Antonio e riceveva gli ospiti.


Tutto ciò accadeva nel Medio Evo, Sassari essendo città fortificata governata in prosecuzione: dai Pisani, Genovesi, Aragonesi e dagli Spagnoli poi, infine dai Savoia, aveva delle rigide regole per quanto riguardava l’ingresso e l’uscita dalla città, una di queste era l’orario di rientro, entro le ore 20.00.


Una guardia prima di chiudere le porte gridava un solito avvertimento in sassarese: “ ca è drentu è drentu ca è fora è fora”! Quindi, la chiusura tramite enormi chiavistelli, spranghe e crocchi, e tanti saluti fino all’indomani mattina.

Perciò, anche a quei tempi, esistevano i favoriti così come adesso; autorità o amici degli stessi poteva usufruire di un trattamento agevolato, alla faccia degli altri abitanti che popolavano la città e lavoravano all’esterno, ma il loro cruccio era di essere prigionieri tra le mura, e per nessuna ragione era consentito loro di contravvenire alle regole imposte dai governanti. Ecco quindi la vera storia del modo di dire “ in Ciabi”, tramandata nei secoli fino ai nostri giorni con sempre quel pizzico di spirito campanilista, per poter, almeno in quel caso, evidenziare che i sassaresi sono sempre stati “servi in casa propria”.

Tino Grindi.

domenica 23 novembre 2014

MACCHERONI MEDIEVALI





A CURA DI Mario Grimaldi

Questa che segue possiamo considerarla una curiosità storica.




Anche Cagliari nacque come città pisana, nel 1217, e venne chiamata (in origine)
“Castel di Castro”, proprio perché era un munitissimo  < castrum > , che in latino significa “fortezza”.

La sua funzione era di difendere il porto, uno dei pochi - insieme a quello di “TORRES”- che rappresentarono la principale base commerciale della città marinara nel mediterraneo.
Infatti, grazie a Pisa e Genova la nostra isola tornò nei circuiti commerciali dopo il lungo isolamento dell’ epoca bizantina e dopo il periodo delle scorrerie saracene (X°-- XI° sec.).
Non solamente  l’isola era posta in posizione eccellente sul piano geografico, ma era anche ricca di risorse: argento, sale, lana, pelli, cereali, vino, formaggi.
Nei registri della dogana pisana di Cagliari, si trova però anche la testimonianza di un artigianato e relativo commercio non molto noti: quello relativo alla pasta alimentare secca, come risulta, al primo posto nell’esportazione della città, classificata a seconda delle forme  dell’ obra de pasta : i fideus (pasta corta o medio - lunga piatta), i macarons (spaghetti che poi i pisani chiamarono “vermicelli”), i tria  e i bescuytelles (forme create per il mercato musulmano). I fideus  migliori erano i più sottili, tanto che in catalano si diceva “prim com un fideu” <sottilissimo>. Va detto che le donne sarde non furono le prime ad inventare la pasta secca, la palma va alle siciliane, ma le nostre eccelsero grazie anche alla qualità inimitabile del loro grano.
L’obra di pasta, per tutto il medioevo, restò tra le mura domestiche e fu un’attività prettamente femminile. Le madri trasmettevano alle figlie la non facile arte dell’impastare acqua e farina e poi del modellarla secondo le esigenze del mercato e dell’essiccarla senza che le paste si appiccicassero  le une alle altre per venderne, poi, il frutto delle loro fatiche quotidiane e ricavarne, di conseguenza lauti guadagni.






venerdì 21 novembre 2014

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Sassari Storia Redazione / Amministrazione / Webmaster / Eventi 



IL NOSTRO SALOTTO E' PRONTO DI TUTTO PUNTO, SEMPRE E AD OGNI ORA , COME SE GLI AMICI E GLI INVITATI STESSERO PER ARRIVARE DA UN MOMENTO ALL'ALTRO. E' VERO, MANCA IL VINO NELLE CARAFFE, NON C'E' TRACCIA DI DOLCETTI MA FORSE LA COLPA E' DI UN VALLETTO DISTRATTO.
PER IL RESTO TUTTO E' RIGOROSAMENTE A POSTO: I LIBRI SPOLVERATI, IL GRAMMOFONO ACCESO, LA LEGNA ACCATASTATA METICOLOSAMENTE NEL CAMINO E PRONTA PER RISCALDARE LA TRANQUILLA RIUNIONE DEGLI AMICI, I SOPRAMMOBILI BRILLANO ALLA LIUCE DEI CANDELABRI.
E NOI NON ESITIAMO A TRASFORMARCI IN "CICERONESCHI OSPITI" PER ACCOMPAGNARVI E FARVI ACCOMODARE SULLA VOSTRA POLTRONA PREFERITA DALLA QUALE POTRETE DARE SPAZIO AI VOSTRI RICORDI E ALLE VOSTRE PASSIONI CHE VORRETE CONDIVIDERE CON TUTTI NOI.

VI ASPETTIAMO CON ANSIA PER ASCOLTARVI CON INTERESSE, POICHE' , LA NOSTRA INTENZIONE E QUELLA DI INDURRE TUTTI NOI A NON DISPERDERE QUEL PATRIMONIO COSI' IMPORTANTE CHE SICURAMENTE CONSERVIAMO NELLA CANTINA DELLE NOSTRE ESPERIENZE E NELL'ARCHIVIO STORICO DEL NOSTRO SAPERE.
LE NOSTRE CONOSCENZE, PICCOLE O GRANDI CHE SIANO, RAPPRESENTANO OGGETTI PREZIOSI E ALTRI APPARENTEMENTE MINORI, MA TUTTI AL POSTO GIUSTO DA ESPORRE , AL MOMENTO GIUSTO, SUI TAVOLINI CHE ARREDANO IL NOSTRO SALOTTO, PER RICREARE QUELL'ATMOSFERA GIUSTA E PIENA DI FASCINO A CUI IL NOME E LO SPIRITO DELLA STORIA RIMARRANNO INDISSOLUBILMENTE LEGATI.


#sassari
Ieri abbiamo trasmesso uno showreel di quella che è stata la mole di lavoro del mese precedente. Oggi trasmettiamo un video un po' più curato per spiegare esattamente quale è la missione di Sassari Storia. Ricordiamo a tutti gli amici presenti sul nostro spazio, che noi non abbiamo bisogno e intenzione di trarre profitti da questo hobby. Tutto gratuito e tutto a disposizione degli iscritti. Anticipiamo che è in fase di esecuzione e di studio, il tanto agognato programma che di volta in volta racconterà gli aneddoti e le vicende storiche riguardanti la nostra magnifica città. Con l'ausilio degli esperti, si parlerà di storia attraversando i vari periodi. Chiediamo gentilmente a tutti i nostri amici/membri, di condividere questo video per rendere pubblica la nostra missione. Sassari storia... è sempre con Voi. PS : Chiunque avesse del materiale storico da inviarci, potrà farlo pubblicamente personalizzandolo e dotandolo di un minimo di recensione storica. Grazie per la vostra attenzione. ( Per Sassari Storia Manuela Trevisan ) #sassari
Posted by Sassari Storia Redazione on Mercoledì 29 aprile 2015

mercoledì 19 novembre 2014

Sassari: Fontana del "BRIGLIADORE"

A CURA DI: Mario Grimaldi







"Fontana di Santa Maria, detta "BRIGLIADORE" dallo zampillo,che sgorgava dal suolo al centro del cortile o chiostro del convento-chiesa. Come sorgente appartiene alla stessa falda acquifera che alimenta quella delle Conce e di San Pietro di Sirki. Qui, molto probabilmente, il Giudice Mariano passava l'estate e:

< si faguian venner sa abba intro de sa ecclesia et vi la faguian passare subra su carre, pro qui non podiat sufferrer su cardu>.

Il BRIGLIADORE, come si vede oggi, venne costruito a spese del Comune nel 1611, restaurato nel 1613, 1618, 1619 e 1625".


< Sulla fontana del Brigliadore vi sono tre stemmi:

Il Costa, identifica il centrale  quale  quello d'Aragona con torre di Sassari; quello di destra ,forse, lo stemma antico di Genova e Sassari; di quello posto a manca non si hanno conoscenze dell'origine >

LE CHIUDENDE.








A CURA DI  Tullio Moledda


RICORDIAMO L’EDITTO DELLE CHIUDENDE.


Il risultato degli studi e delle proposte della Società Agraria fu l’editto delle chiudende, emanato nel 1820, pochi mesi dopo che a Napoli erano scoppiati i primi moti carbonari d’ Italia. Mentre nella penisola italiana ci si batteva per la democrazia e per la costituzione, nella nostra isola ci si occupava ancora di un problema vecchio... quanto i nuraghi!L’editto si proponeva di proteggere l’agricoltura, senza però danneggiare la pastorizia. chi possedeva un campo, infatti, poteva recintarlo (chiuderlo, da cui CHIUDENDE) purché che tale appezzamento non costituisse un luogo di passaggio, ne fosse adibito a pascolo o contenesse fonti o abbeveratoi; con la nuova legge, insomma, la proprietà privata sostituiva la proprietà collettiva. La legge, tutto sommato, non era cattiva: ma come spesso accade, <fatta la legge trovato l’inganno>. Immediatamente spuntarono gli approfittatori, gente senza scrupoli, che non esitarono a creare gravi inconvenienti: alcuni, < comprando > i testimoni, si appropriarono terreni mai posseduti e tanto meno coltivati; altri, alla faccia dell’editto, incorporarono nelle recinzioni anche terreni da pascolo e numerosi pozzi o abbeveratoi. Naturalmente, i primi a rimetterci furono i poveri pastori, costretti a pagare altissimi canoni d’affitto e spesso privati dei migliori terreni a pascolo; del malcontento approfittarono i Feudatari: tutti quei piccoli proprietari terrieri, creati della nuova legge davano loro parecchi fastidi, limitandone in parte la potenza e i privilegi cui erano abituati da secoli!Spesso, dunque, furono i Baroni a istigare le rivolte dei pastori contro l’editto e gli speculatori che ne avevano approfittato: e in tutta l’isola si susseguirono sommosse dei pastori che spesso sfociarono in vere battaglie. Questa situazione, al fine, convinse Carlo Alberto, nel 1833, a sospendere l’editto e i suoi problematici effetti.

SCRIVERE LA STORIA






A CURA DI Mario Grimaldi

SCRIVERE DELLA STORIA DI SASSARI
L'amore per la propria città è sempre stato la musa ispiratrice di tutti quegli uomini famosi e meno famosi, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, che sono stati capaci di apprezzarne la storia nel bene e nel male. Le nostre pagine, che tutti noi, riempiamo giorno dopo giorno, costituiscono una carrellata nella nostra storia e nella nostra cultura ricche di eventi e personaggi che pian piano impareremo a conoscere,
DELIZIAMOCI NELLA LETTURA E LASCIAMO VIBRARE IL NOSTRO CUORE.
Nella foto il monumento eretto in onore di Giovanni Maria Angioy:"L'alternos, eroe della Sarda rivoluzione(1793-1796)", alloggiato in un giardinetto abbellito da piante e fiori ornamentali posto a dimora in Piazza del Comune di fronte a Palazzo Ducale.


giovedì 13 novembre 2014

Sassari - foto - collage.



A CURA DI: Mario Grimaldi



Dall'Album  " SCORCI E TETTI"



Foto 1): Scorcio panoramico della città con i moderni quartieri che si dilatano attorno al nucleo antico
dell'abitato.

Foto 2): La settecentesca facciata del Duomo che spicca esuberante nel suo fastoso barocco spagnolo nel modesto contesto della città vecchia.
Foto 3): L'imponente palazzo della Provincia, della fine dell'ottocento, affacciato alla bella e vasta Piazza d'Italia.
Foto 4): Il grattacielo che domina Piazza Cavallino de Honestis, centro dell'animazione della città.




martedì 11 novembre 2014

PILLOLE MEDIEVALI /introduzione anteprima/


   



Avendo constatato l’interesse di molti rivolto a quella parte della storia relativa al medio evo, abbiamo deciso di creare questa rubrica. Fermo restando l’intento di limitare la storia alla città di Sassari e naturalmente alla Sardegna tutta, spesso è necessario fare riferimenti, sopratutto per quanto riguarda le figure, gli usi e le consuetudini, il modus vivendi, alle attività di tutto ii mondo vissuto di allora. (Ecco perché nasce questo spazio):

Il medio-evo - periodo storico che va dall’antichità all’età moderna, il cui inizio, da taluni storici, è fissato alla caduta dell’impero romano, conseguente alla detronizzazione di Romolo Augustolo (476) e la cui fine all’ anno della scoperta dell’America (1492).. Sembra che la dizione precisa Medio sia stata coniata nella seconda metà del secolo XVII° dal tedesco Cellarius, ma termini come media età (media aetas) venivano già usati all’inizio del secolo XVI°. Si tratta comunque di quella oscura età della storia caratterizzata dall’imbarbarimento dei costumi, dalla faticosa fusione dei popoli barbarici provenienti da oriente e settentrione con l’elemento romano preesistente, dall’anarchia politica e dalle incessanti guerre.