lunedì 30 dicembre 2013

Anziani



ANZIANI




A cura di Mario Grimaldi

Durante il periodo che prelude il Santo natale non si può fare a meno di pensare con nostalgica tenerezza ai nostri nonni che per molti di noi sono stati un punto di riferimento forte ed educativo durante la nostra infanzia, Allora penso sia anche doveroso, in questi giorni , ricordare tutti "I VECCHI" in generale, analizzare l'importanza che ai nostri tempi passati Loro si attribuiva e confrontarla la con la realtà attuale che molti di loro si vedono costretti ad affrontare.

Spesso è dato leggere nei giornali o vedere alla tv persone anziane abbandonate e che si aggirano per le vie delle città senza nemmeno un tugurio dove potersi fermare. E', oggi, per lo più la sorte di quelli che non hanno "eredità di affetti". E' un risultato che talvolta addirittura ci violenta la vista e la sensibilità facendoci vedere vecchi assiderati, raggomitolati in malsani stracci, stesi in qualche ridotto di androne di imponenti palazzi.
Ma non sempre: oggi nelle città le famiglie << perbene>> si liberano con "raffinatezza" e " modernità" dell'ingombrante fardello dei vecchi a carico raccomandandosi ad amici e conoscenti perché i loro amati GENITORI o NONNI vengano parcheggiati in ospedali istituti per anziani.
In passato problemi e mortificazioni del genere erano rarissimi o addirittura non esistevano né per i giovani né per i vecchi: anzi, direi, che era piacevole invecchiare, tale e tanta era l'attenzione per i nonni da parte dei loro cari.
Oltre l'aspetto affettivo entrava in gioco anche quello cultutale, infatti, l'anziano impersonava la saggezza e perciò a Lui si ricorreva o per avere consigli prima di prendere importanti decisioni, o per esempio, per dirimere controversie familiari o piuttosto per mille altre cose.
Valori che si vanno perdendo in una società moderna travolta sempre più da stili di vita per niente moderati o ponderati.
Una frase che fà molto riflettere e che riesce a chiarire l'importanza dell'argomento è la seguente:
"OGNI VOLTA CHE UN ANZIANO MUORE E' COME CHE BRUCI UNA BIBLIOTECA"
Vorrei fortemente che, appunto Tutti i nonni del mondo potessero esser amati da ogni suo caro...

(In questa foto sotto postata è la figura della mia nonna paterna /regina incontrastata della casa, la mia fata personale/ alla quale ho dovuto rinunciare nel 1966 quando serenamente e tra le mie braccia, e sopratutto nel suo letto, ha lasciato questo mondo. 


mercoledì 25 dicembre 2013

Goffredo Mameli


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Per sviluppare questo interessante argomento dedicato al padre dell'Inno ufficiale della Repubblica Italiana, ci pare doveroso iniziare con qualche notizia relativa ai suoi antenati.
Mameli: famiglia ogliastrina (Secc. XVII - XX). Le prime notizie risalgono alla seconda metà del diciassettesimo secolo; i suoi componenti esercitavano tradizionalmente la professione di notaio e diedero vita a diversi rami la cui genealogia è alquanto difficile da ricostruire. In particolare sono due i rami della famiglia da ricordare, entrambi provenienti da uno stesso in comune antenato originario di Arzana.
Il primo ramo continuò a risiedere in ogliastra - precisamente a Lanusei - continuando la tradizione nell'esercitare l'attività notarile; ha espresso alcune notevoli personalità, una delle quali è il ministro Cristoforo Mameli, tuttora la discendenza è radicata a Lanusei.
Il secondo ramo discende da un Giovanni Maria che agli inizi del XVIII secolo, divenuto segretario di Carlo d'Asburgo, fu investito di titolo nobiliare. I suoi discendenti dal 1784 ebbero il riconoscimento del cavalierato ereditario e della nobiltà isolana e si stabilirono a Cagliari. Da qui, agli inizi del XIX secolo, ssi trasferirono a Genova dove nacque, appunto Goffredo. Si estinsero agli inizi del ventesimo secolo.
entrando nel vivo dell'argomento dedicato al nostro celebre patriota GOFFREDO, come già scritto, nacque a Genova nel 1827 (mori a Roma nel 1849), il padre si chiamava GIORGIO (Giorgio Mameli fu militare e uomo politico /nato a Lanusei nel 1798 e morto a Genova nel 1871/; deputato al parlamento subalpino;
Ufficiale della MARINA SARDA si segnalò durante la guerra che questa condusse contro i pirati nordafricani e percorse una brillante carriera giungendo al grado di vice-ammiraglio. Stabilitosi a Genova sposo una Zoagli, dall'unione con la quale nacque, appunto, il nostro poeta; bene inserito nella società genovese, fu eletto deputato per la II legislatura subalpina in uno dei collegi della città ligure, ma per la prima era stato eletto nel collegio della sua città natale che, q quanto pare, da alcune fonti, fosse Cagliari. Dopo la morte gloriosa del figli, con il sostegno della sinistra fu eletto ancora deputato per la V legislatura in uno dei collegi della stessa Cagliari, ma nel 1854 si ritirò a vita privata dedicandosi allo studio della storia della Marina Militare.
Tornando a Goffredo: egli era di idee repubblicane, dopo aver combattuto valorosamente nella prima guerra di indipendenza abbandonò gli studi universitari, alla testa di un manipolo di compagni genovesi, accorse a fianco di Garibaldi alla difesa della Repubblica Romana. In quell' occasione conobbe Mazzini che gli ispirò l'inno militare, più tardi musicato da Giuseppe Verdi.
Goffredo mori a Roma per le ferite riportate in combattimento sul Gianicolo.
E' autore di numerosi componimenti poetici di carattere patriottico, tra cui quello più celebre che è l' Inno degli Italiani "FRATELLI D'ITALIA" composto nel novembre del 1847, musicato dal Novaro.

martedì 17 dicembre 2013

Santa Caterina Notizie

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A cura di
Mario Grimaldi 



Bene, allora fa ancora più piacere che ci siano dei giovani che possano informarci su dettagli sfuggiti alla nostra attenzione.
Approfitto dello spunto , per rimarcare l'importanza di questa Chiesa : <Santa Caterina d'Alessandria che visse e fu martirizzata - da non confondere con Santa Caterina da Siena - in Alessandria d'Egitto nel sec. IV al tempo dell'imperatore Massimino Daia. La leggenda fiorita intorno alla martire narra che essa fu una donna coltissima specialmente in filosofia e che sostenne una disputa dottrinale davanti allo stesso Daia il quale la invitava a sacrificare alle divinità pagane ma essa preferì il tormento della ruota (sempre raffigurata nella sua iconografia insieme alla spada) al quale sopravvisse; fu poi decapitata e il suo corpo fu deposto in un convento sul Sinai. Il suo culto era diffuso nella Chiesa orientale e venne introdotto in Sardegna e particolarmente a Sassari, durante il periodo bizantino, come quello di San Nicola, di Sant'Appollinare, di santa Anatolia e di tanti altri santi>.
"Per avere un idea dell'importanza di questa chiesa si pensi che era sede delle adunanze del Consiglio Maggiore della città (al suon di trombe e di campane ::E.Costa::) e i podestà vi davano udienza ai cittadini; vi si riunivano anche quegli antecessori delle assemblee parlamentari che furono gli Stamenti e i Vicere ne giuravano di rispettarne i privilegi. Si spiega, così, che nel 1833 la chiesa contasse 363 case alte e 189 basse con un numero di parrocchiani equivalenti pressapoco ad un quinto della popolazione sassarese con ottocento scudi di decime. tanto da poter disporre di un rettore e di tre vice parroci".
Si comincio ad abbatterla nel 1853, ma i lavori vennero sospesi per un epidemia di colera e vennero ultimati nel 1856.
L'aspetto esterno della chiesa è conosciuto grazie ad un vecchio bozzetto del pittore Luigi Aspetti e a un disegno di Don Simone Manca e a un dipinto di Domenico Montixi. - poi anche riproposta come abbiamo suesposto anche dal grande E.costa che scrive:
" Santa Caterina era frequentata da tante signore e specialmente dalla nobiltà. Ricca di molte tombe patrizie con stemma gentilizio i cui marmi furono barbaramente asportati e utilizzati per diversi usi, con DANNO ALLA NOSTRA STORIA".


giovedì 12 dicembre 2013

nostalgia

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A cura di Giovanna Palmieri
Sassari piazza Castello. Siamo circa nei primi anni 80. Quante auto in strada e quante persone a passeggio. I tassisti sempre al loro posto. Ci sembra una Sassari modernizzata e viva. Una Sassari che si muove. Tutti oggi si lamentano per la ZTL. Forse avranno anche ragione. Chissà. La salute è importante. In effetti una quantità troppo elevata di auto che circolano lente e che creano ingorghi nelle ore di punta, potrebbero mettere in discussione la salute dei cittadini. Ma tutta questa è una storia politica nel cui merito, noi non vogliamo entrare. Una cosa è certa: A me quella Sassari piaceva tanto.  Ringraziamo i nostri membri Antonio e Davide  per queste due rarissime e uniche foto.






sabato 7 dicembre 2013

La Questione Sarda


A cura di  Mario Grimaldi




Alcuni giorni fa, nel commentare un post di Antonio Carta. concernente la figura storica di Vittorio Emanuele II, ed il suo ruolo politico nell'ambito del territorio Sardo (e quindi rivolto anche alla nostra città) ho accennato l discorso della"QUESTIONE SARDA". Ebbene, penso che questo argomento meriti un post a parte: La storia è caratterizzata anche da momenti di malessere sociale che, comunque son serviti da sprono per avviare la storia(che ci tocca da vicino) verso un cambiamento significativo delle situazioni allora veramente causa idi sofferenza sociale per le nostre genti.
Il primo ad accennare all'esistenza di una <QUESTIONE SARDA> fu nell'Ottocento, Giovanni Battista Tuveri, studioso e uomo politico, che volle con questo termine mettere in evidenza come i problemi economici e sociali dei territori sardi fossero in qualche misura diversi da quelli che affliggevano
altre regioni meridionali d'Italia nel periodo successivo all'unità nazionale. L'analisi dl TUVERI non era però isolata, poiché già prima di Lui grandi pensatori e uomini politici nazionali, come Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo, avevano sottolineato la particolare gravità della situazione sarda, derivante da una lunga storia <di dolori, d'oppressioni>, come ebbe a scrivere Mazzini.
Il malumore popolare diffuso nell'isola, nelle campagne come nelle città, che si espresse con numerosi moti di protesta e con episodi di vera e propria rivolta , fu il segno chiaro che la situazione generale dell'isola, e in particolare la sua situazione economica, non era certo migliorata con la creazione dello Stato Italiano: Sulla sua popolazione, e in particolare sui ceti popolari , gravava soprattutto la forte pressione fiscale, cioè le pesanti imposte decise dai governi del nuovo regno, che costituivano un elemento di disagio per tutta la nazione, ma si ripercuotevano in modo particolare sulle regioni più arretrate, come quelle meridionali e come la Sardegna. 

Dai fatti di SASSARI del 1864, al moto de su connottu del 1868, alla sommossa di Sanluri del 1881, ai gravi episodi di criminalità e di banditismo degli ultimi decenni del secolo, sino alla rivolta della popolazione di Cagliari e di numerosi centri della provincia nel 1906/1908 è tutta una serie di manifestazioni di scontento e di malessere segnati da morti, arresti, condanne che lasceranno profonde tracce nella coscienza popolare, soprattutto nel mondo rurale.
Ma questa agitazione non interessò soltanto il mondo contadino, pastorale e urbano: anche il mondo operaio sardo, che andava crescendo soprattutto nel settore minerario e si trovava profondamente colpito da una situazione di grave disagio economico, mostrò tutta la sua inquietudine negli ultimi decenni dell'Ottocento e nei primi anni del Novecento. L'aumento degli scioperi e delle manifestazioni di protesta da parte degli operai,era un segno evidente di questo stato di disagio, che trovava la sua causa nelle pesanti condizioni di lavoro e nei bassi salari che gli operai erano costretti ad accettare. Le risposte del mondo padronale e delle autorità pubbliche a queste manifestazioni di protesta operaia furono durissime e provocarono in più occasioni conseguenze mortali. 

Nel primo Novecento si comincio a intravedere qualche segno di mutamento positivo, anche in seguito ad un nuovo atteggiamento da parte dei governi, che prendevano coscienza della gravità della situazione sarda e della necessità di intervenire in maniera più incisiva. Le<leggi speciali>, studiate per il mezzogiorno e per le isole, e in particolare il Testo Unico del 1907 per la Sardegna, crearono alcune condizioni favorevoli per un suo positivo sviluppo: uno sviluppo che, tuttavia, non si poté realizzare, poiché, a bloccare bruscamente qualunque possibilità di progresso, sopravvenne la prima guerra mondiale a cui la Sardegna, come tutte le altre regioni italiane, dovette pagare il suo tributo economico e umano.
La guerra provocò importanti mutamenti nell'economia, nella politica, nella cultura dell'intera Nazione. Anche la Sardegna risentì di questi cambiamenti: finita la guerra, le masse dei contadini e di pastori che avevano vissuto direttamente le terribili esperienze del fronte, una volta tornati a casa, mostrarono di aver maturato una nuova consapevolezza dei loro problemi economici e sociali e una nuova coscienza politica. La loro volontà di partecipare alla lotta politica non solo contribuì a rafforzare i i partiti di massa, ma soprattutto fece nascere un partito di ex combattenti, che nel 1921, si trasformò in Partito Sardo d'Azione. Insomma si organizzarono in maniera tale da riuscire ad aggregare una parte notevole dei ceti popolari ma anche consistenti settori della borghesia isolana intorno agli ideali dell'autonomia.