domenica 16 settembre 2018

( Soprannomi) E' pronto l'orologio?



A cura di Giuseppe Idile


Come promesso, altra storia di soprannomi sassaresi. Oggi è la volta di "E' pronto l'orologio". In tempo di guerra si fermavano le bombe, ma non gli INGIUGLI. La nostra Sassari aveva patito forse meno della vicina Cagliari, però si era fermata ugualmente. Non dimentichiamo che qualche fischio di bomba americana anche i Sassaresi lo sentirono. Molti cittadini durante la guerra erani IFFULLADI in campagna in quanto c’era meno rischio di bombardamenti, anche se dal 1943 in poi i rischi aumentarono notevolmente e tante attività chiusero i battenti perchè In città iniziava a regnare il terrore; qualcuno diceva chi l'Americani isciani da sottu terra. Resisteva Zuniari, lu Ridozzaggiu di Portha Sant’Antoni, accudiddu da un paese non precisato della Campania, parlava un dialetto sassarese misto al napoletano,  e aveva la sua bottega artigiana in Corso Vico, difronte alla stazione. Credo che di cognome, ironia della sorte, facesse Guerra. Eravamo circa a metà maggio del 1943, quando un boato squarciò l’aria. Una bomba da 500 chili di tritolo, sganciata da un aereo americano che aveva precedentemente sorvolato la città, cadde sopra la stazione, distruggendola parzialmente e causando la morte di tre persone. 

La bottega di Zuniari aveva due vetrine esterne che finirono in frantumi. La gente scappava e urlava per le strade e qualcuno si affacciò in bottega da Zuniari urlando... Ajò mapperò.. ancora inogghi sei? No fuggi no? Ajò Zelcha l'avviu Zunià... Ripresosi dallo spavento anche se un po' rintronato, pienu di carraggiu e di cazzina d'intonaggu faraddi da la bobidda a causa dello spostamento d'aria, il buon Zuniari rastrellò tutti gli orologi e tutta la mercanzia dalla bottega e scappò in direzione di casa. Nei giorni a seguire, assalito dalla paura di murì incarraggiaddu, come quei tre poveretti della stazione, decise suo malgrado di chiudere la buttrea per Guerra e si trasferì in fretta e furia con la sua famiglia a Zinziodda in una casa di campagna avuta in eredità dai suoceri, appartenente alla moglie e ai 2 cognati. Passarono gli anni e siamo nel 1946 -

Il conflitto era appena terminato. La città di Sassari pian pianino si risvegliava dal torpore dell’incertezza e della paura che l’aveva avvolta durante la guerra. Il popolo ritornò a nuova vita e la gente riprese a uscire per le strade, gli sfollati tornarono in città e ripresero a frequentare i bar che nel frattempo avevano riaperto i battenti. Anche il nostro Zuniari riaprì la sua bottega sempre in Corso Vico, ma in un altro caseggiato, in quanto il magazzino precedente, dopo la sua sparizione, era stato concesso in affitto a un artigiano odontotecnico. Fece ricostruire da lu masthru d’ascia le due vetrine esterne e riprese anche lui a svolgere la sua attività. Una mattina si presentò in negozio, un signore, del quale non ricordo il nome, distinto con cappello, occhiali da intellettuale e aria un po’ burbera e autoritaria, che secondo alcune indiscrezioni, lavorava come impiegato negli uffici del podestà, diventati poi prefettura. Il debutto senza saluto fu :

“ Allora… è pronto l’orologio "? Zuniari uscì dal retrobottega e alla vista del tale sbiancò. Ebbene si… quello era un suo cliente che prima dell’avvenimento bellico, aveva portato il suo orologio in riparazione. Chiaramente l’improvvisa chiusura e la scomparsa di Zuniari, il burbero la considerò una fregatura, un imbroglio perpetrato da un uomo poco affidabile. Zuniari invece era persona seria e sapeva benissimo di avere da qualche parte anche le mercanzie che avrebbe dovuto riparare a suo tempo. Infatti a zinziodda custodiva una cassapanca piena di merci, attrezzi vari e minutaglie del vecchio negozio. Rassicurò il burbero cliente, spiegando quali erano state le cause di forza maggiore della sparizione improvvisa, e lo rimandò ai giorni seguenti per restituire l’orologio riparato che aveva preso in consegna tre anni prima. La sera stessa Zuniari si recò a zinziodda ma non trovò l’orologio in questione. Era un orologio Svizzero di gran lusso che non tutti potevano permettersi e che costava molto caro; di Marca Universal modello Geneve Compax che aveva tre contatori sul quadrante, per farla breve un Rolex dell'epoca. . La Mattina si ripresentò in negozio il burbero, che sempre senza porgere alcun saluto pronunciò la solita frase: E’ pronto l’orologio? Il povero Zuniari prese tempo e promise che lo stava controllando a casa per la riparazione. 



Continuò a cercare anche a casa, ma dell’orologio non si trovava più traccia e intanto il burbero continuava a tallonare tutti i giorni in negozio a chiedere... E’ pronto l’orologio…. E’ pronto l’orologio… finchè un giorno alcuni ragazzini di Sant’Elisabetta, Pizzinni pizzoni, presenti in negozio a chiedere un' offerta per la festa della madonna, assistettero alla solita scena del “E’ pronto l’orologio. Zuniari liquidò con pochi spiccioli i ragazzini e affrontò una volta per tutte lo spazientito burbero cliente; gli disse a chiare lettere: il suo orologio è stato smarrito, io provvederò a comprarne uno nuovo e la risarcirò, però non si presenti mai più in negozio con questo modo di fare che indispone, ricordando all’energumeno, che la chiusura del precedente laboratorio era dovuta agli eventi bellici e non a una fuga d'amore nei paesi felici. In seguito ala sfuriata di Zuniari, Il burbero, dopo aver attappaddu la janna, uscì dal negozio innervosito, indispettito e con passo svelto si avviò verso la stazione.    



 Intanto i ragazzini si erano radunati sotto i portici della casa daziale che, se non vado errando, aveva una stanza occupata dall’intergremio. Favoriti dalla copertura delle carrozze e dei cavalli in sosta nello spiazzo antistante, al passaggio del burbero li pizzinni pizzoni, iniziarono a urlare a ripetizione in segno di scherno “ E’ pronto l’orologio?? E’ pronto l’orologio???” Il malcapitato per un attimo si fermò stizzito e con faccia rabbiosa iniziò una sorta di rimprovero all'indirizzo dei ragazzini che nel frattempo se l’erano data a gambe, ma i carrozzieri iniziarono a ridere a zoccu e ridendo ridendo qualcuno ripetè anche la scomoda frase ( E' pronto l'orologio? ) E fu così che nei giorni a seguire iniziò a girare la voce che il tal dei tali si chiamava “E’ pronto l’orologio” Alla fine l’ingiugliu si spostò anche ai parenti, fratelli, sorelle figli e quant’altro. Quando si parlava di loro, si diceva… Chissi di …E’ pronto l’orologio. Probabilmente il Burbero rientrò in possesso del suo orologio, ma a quale prezzo? Con i soprannomi , Sassari non faceva sconti a nessuno.

Scritta da (Capitano - Giuseppe Idile) che si raccomanda di prendere i nomi a beneficio d'inventario perchè non è sicuro dell'esatezza, mentre la storia è vera ed è stata tramandata da suo padre ( nella foto alla stazione nel 1946 è il signore al centro) che l'ha vissuta realmente. Chi è sassarese sicuramente la conosce e si ricorderà del triste evento della bomba e della guerra.


lunedì 18 giugno 2018

IL CASTELLO ARAGONESE DI SASSARI - TRA FINZIONE E REALTA'



A cura di : Mario Grimaldi    -







Mal di Castello Aragonese

I rapporti dei Sassaresi di allora con questa meraviglia di castello non erano dei più "sereni", se pur attratti da una grande ammirazione, ne avevano una giustificata paura. Così , quando durante il periodo dell'alacre attività del tribunale dell'inquisizione, che appunto presso il Castello Aragonese aveva sede, i nostri antichi concittadini stavano ben attenti, specialmente nelle ore più tarde delle serate invernali, di transitare i lu Pianu (P.zza Castello). Perchè, dicevano i vecchi, soprattutto durante le giornate dedicate alle esecuzioni di sentenza di morte dei prigionieri condannati, gli spiriti di questi vagavano per la piazza; molta fantasia, naturalmente, ma i motivi per i quali si stava il più possibile alla larga del Castello erano altri. 

La Piazza antistante fino ai primi anni dell' ottocento non era ancora neanche livellata, irta di spuntoni di roccia e tali condizioni rendevano pericoloso il transito. Per ciò chi azzardava avventurarsi al buio doveva ben stare attento e badare dunque , oltre che alla strazio procurato dalle urla dei poveri condannati alla pena capitale, anche a dove poggiava i piedi per evitare rovinose e cadute con conseguenze traumatiche anche gravi. Senza tener conto che potevano farsi incontri poco piacevoli. Era dunque d'obbligo, per il motivo succitato, girare a largo da quell'enorme spazio giudicato pericoloso. Si sa , comunque, che quell'enorme spiazzo non era mai utilizzato quale teatro per le esecuzioni di condanna a morte e neppure per quelle che il Santo Uffizio chiamava "auto da fè" ovvero la morte sul rogo degli inquisiti ritenuti colpevoli di delitti contro la fede. Questi "auto da fè" venivano sempre infatti messi in atto, (come asseriva E. Costa), presso la Carra Manna "P.zza Tola " ritenuta allora la più transitabile e più grande di Sassari. Per cui si presume o meglio si capisce che gli Anziani sassaresi quando raccontavano queste spaventose storie, tramandate dagli ascendenti, fiorivano con un bel pò di mistero fatti che probabilmente scaturivano solo dalla loro immaginazione, e sicuramente, anche, con lo scopo di suscitare un pò di timore specialmente dei bimbi auditori delle loro "terribili" storie.
Forse il più grave errore urbanistico della città si è consumato in quella incomprensibile demolizione a seguito della quale , secondo E. Costa la popolazione sassarese ebbe l'impressione che: " le avessero strappato dal cuore le più care memorie" quando il vuoto di Piazza Cavallino sostituì l'incombente mole del Castello e il verde Square invase la residua area del Pianu di casteddu.

In tempi meno remoti, probabilmente il Castello era abitato da grossi funzionari regionali e comunali che ne avevano ricavato uffici di prestigio e che, forse ( così ci viene da immaginare), utilizzavano i saloni quale palcoscenico di importanti riunioni o sfarzose feste invitati delle quali i notabili cittadini, ed è così, che il mio amico Capitano (Giuseppe Idile) nella simulazione nell'immagine sottostante, ha voluto descrivere l’arrivo a palazzo di nobili uomini e dame dalla strepitosa eleganza che accompagnati, da "pittoreschi" valletti, si facevano guidare verso la sala del ricevimento.
Ma al di là di queste deboli (in quanto non confortate dai cronisti dell'epoca, ma solo da qualcosa di sentito dire dai vecchi) considerazioni, corre l’obbligo di dover provare a descrivere molto brevemente come si doveva svolgere, in tempi più lontani, la vita a castello quando occupato da reggenti del governo e i suoi fedelissimi. 
Certamente la vita dei nobili divenne, allora, un meccanismo spietato dominato dall’etichetta (cioè dalle rigide prescrizioni del cerimoniale) capace di stritolare individui e patrimoni: tutto si svolgeva attorno al protagonista assoluto che era, ovviamente, il più potente dei potenti. La vita della nobile comunità (non molti fortunati, però, venivano ammessi alle stanze) trascorreva nei tentativi disperati di mettersi in luce e magari entrare nelle grazie del sommo Signore.
Così si svolgeva la vita, tra molto lusso ma poche comodità: Il Castello (come tutti i Castelli) era sicuramente sfarzoso ma non confortevole. D’Inverno i corridoi e le stanze erano attraversati da correnti d’aria gelida e le strutture igieniche erano scarse, come pure era poco curata la igiene personale.





venerdì 1 giugno 2018

Sassari sul mare dalla grande guerra agli anni 60.

A cura di Ezio Pancrazio Vinciguerra





Prima pubblicazione 09/05/2015
LE PROMESSE DEI MARINAI...SONO STATE RISPETTATE.

BUONA LETTURA E SPERIAMO BUON INIZIO PER VOSTRE FUTURE INIZIATIVE.

UN ABBRACCIO A TUTTI GRANDE PROPRIO COME IL MARE CHE CI CIRCONDA E UNA ESORTAZIONE AL MIO AMICO GIUSEPPE ( CAPITANO MUSICA ) A NON STUZZICARE MAI IL CUORE SINCERO DEGLI EMIGRANTI DI POPPA COME NOI.


1a Guerra Mondiale – Piroscafo postale “Città di Sassari”
Il piroscafo postale «Città di Sassari», il cui nome doveva essere inizialmente “Maddalena”, fu costruito per le Ferrovie dello Stato dalla Società Esercizio Bacini nel Cantiere di Riva Trigoso e varato il 30 aprile 1910. A prescindere dal viaggio inaugurale che fu effettuato nel luglio 1910 da Napoli a Palermo, il piroscafo venne destinato per i collegamenti fra Civitavecchia e la Sardegna (Olbia e Golfo Aranci). Le sue principali caratteristiche tecniche erano le seguenti:
Lunghezza massima86.53 metri
Lunghezza fra le perpendicolari82.01 metri
Larghezza massima fuori ossatura11.20 metri
Altezza di costruzione6.90 metri
Immersione media a pieno carico4.92 metri
Dislocamento a carico normale2420 tons.
Portata in peso morto  550 tons.
Stazza lorda2160 tons.
Stazza netta1026 tons.
 Il piroscafo era del tipo a tre ponti con una struttura centrale sopra coperta ed una casetta superiore, ed aveva le seguenti sistemazioni:
Per passeggieri di 1^ Classe47
Per passeggieri di 2^ Classe44
Per passeggieri di 3^ Classe112
Carabinieri e detenuti16
Ufficiali di coperta e macchina8
Marinai, fuochisti e carbonai41
Personale di camera e cucina13
Personale del servizio postale3
Totale284
FerrovieLa propulsione era garantita da due motrici principali a triplice espansione con tre cilindri verticali capovolti. La potenza complessiva, a tutta forza, delle due motrici era di circa 3800 HP con una velocità di 17 nodi. La velocità di crociera era di 15 nodi.
L’energia elettrica per l’illuminazione e per il servizio di ventilazione veniva fornita da dinamo con motrici a vapore di 20 kw ciascuna a 110 volts.
Durante il periodo di neutralità dell’Italia, la notte del 6 Gennaio 1915, durante la navigazione da Golfo Aranci a Civitavecchia, il piroscafo fu fermato per una visita ispettiva dal Cacciatorpediniere francese “La Hire” e furono arrestati e trasferiti sull’unità militare 30 passeggeri di nazionalità tedesca.
All’entrata in guerra dell’Italia la nave venne requisita ed inviata a Taranto per essere trasformata in Incrociatore Ausiliario per essere impiegata principalmente come trasporto truppe e scorta convogli. Fu armata con 2 cannoni da 120, un cannone da 57 e 2 antiaerei da 76 ed il primo Comandante militare fu ilCapitano di Fregata Accame di Loano, che seguì i lavori di trasformazione.
La sua attività operativa iniziò il 27 gennaio 1916 quando fu assegnata alle dipendenze della 3a Divisione per il salvataggio dell’esercito serbo, trasportando da Durazzo a Valona 550 soldati.
Al comando del Capitano di Corvetta Guido del Greco, a parte una sosta per manutenzioni nel mese di maggio del 1916 nel porto di Brindisi, continuò ad operare nel canale d’Otranto per trasporto personale, scorte ai mercantili ed ai drifters (impiegati per lo sbarramento del Canale d’Otranto) ed effettuò anche interventi con le armi di bordo per impedire al nemico di occupare posizioni terrestri strategiche per il controllo del territorio albanese. Nella seconda metà del 1916 fu impiegato per la scorta alle navi impegnate al trasporto delle nostre truppe dal fronte nordafricano.
Nel 1917 il “Città di Sassari” iniziò ad essere impiegato a La Spezia per scorta ai convogli. Il 1° dicembre 1917, mentre stava scortando un convoglio partito da Villefrance formato dal piroscafo italiano Polinesia e dai piroscafi spagnoli Norden e Villa de Soler, giunti tra Ceriale e Borghetto Santo Spirito, alle ore 11:20, fu silurato dal sommergibile austricoU64 che colpì l’unità in corrispondenza della carbonaia delle caldaie di prora, demolendo la paratia divisionale dei due maggiori compartimenti della nave che affondò dopo circa 3 minuti dall’esplosione.
Il comandante fu recuperato da una lancia del CT “Granatiere che raccolse anche 160 superstiti che furono condotti e accasermati a Savona mentre 8 naufraghi avevano già preso terra a Borghetto.
Morirono nell’esplosione il Capitano Medico di bordo, che finì travolto dal gorgo di poppa essendosi attardato a lasciare l’unità per cooperare al mantenimento dell’ordine a bordo, e 3 allievi fuochisti di guardia alle caldaie di prora. I loro nominativi erano:
  • Garetti Giulio (Capitano Medico di complemento Regia Marina, nato a Lasgansco, capitaneria di porto di Spezia);
  • Arnaldi Antonio (Fuochista C.R.E.M., nato a Marciana Marina, capitaneria di porto di Portoferraio);
  • Cannetiello Salvatore (Allievo Fuochista C.R.E.M., nato a Napoli, capitaneria di porto di Napoli);
  • Garofali Dorico (Fuochista C.R.E.M., nato a Falconara Marittima, capitaneria di porto di Genova).
Il relitto del “Città di Sassari” si trova su un fondale sabbioso, ad una profondità variabile tra 24 e 28 metri in posizione 44°06’35” Nord e 008°15’26” Est.
Sul relitto furono tentati vari recuperi dal 1937 al 1955 recuperando buona parte delle strutture in ferro. Oggi rimangono ben visibili la parte centrale, la poppa e parte dei 2 alberi motore. In prossimità della catenaria del gavitello fu posata nel 2000 una statua di una Madonnina che “vigila e benedice” i subacquei che visitano ciò che resta del relitto.
La campana di bordo recuperata nel 1938 fu donata al Santuario della Mercede, santuario che commemora i caduti di guerra.
Il Capitano di Corvetta Guido del Greco fu decorato con Medaglia di Bronzo al Valor Militare.

http://it.wikipedia.org/wiki/Citt%C3%A0_di_Sassari

https://www.youtube.com/watch?v=xV0NJwS9KsU

https://www.youtube.com/watch?v=QqWkM_cxJmQ

https://www.youtube.com/watch?v=NKkf3SHNH1U


1a Guerra Mondiale – Piroscafo Sassari (ex Lady Robert)Costruito nel 1897 presso i cantieri scozzesi Troon, fu acquistato dalla Società Marittima Italiana dalla Ailda Ship Building Company. Requisito ed armato dalla Reggia Marina nella 1a Guerra Mondiale fu impiegato per il trasporto truppe, la caccia ai sommergibili e la protezione del traffico fra Libia ed Italia. Restituito alla Compagnia l’11 aprile 1919, fu di nuovo requisito temporaneamente dal 23 gennaio 1920 al 1° febbraio 1920 (R.D. 4 marzo 1920 n. 359). Nel 1925 venne ceduto alla Compagnia Italiana Transatlantica di Genova. Andò in disarmo nel 1932.
2a Guerra Mondiale – Nave Antonio Pacinotti (ex Città di Sassari)Le Ferrovie dello Stato dopo la Grande Guerra ordinarono dei nuovi piroscafi postali. Il Cantiere di Castellammare di Stabia varò nel 1921 il piroscafo “Caprera” e nel 1922 il gemello piroscafo “Città di Sassari”. Subito dopo il varo si decise di incorporare le navi nella Regia Marina per cui entrarono ai lavori per essere trasformate in navi appoggio. Si cambiarono anche i nomi, il “Caprera” divento la nave appoggio “Alessandro Volta” e la “Città di Sassari” la nave appoggio “Antonio Pacinotti”.

PIROSCAFOVaratoConsegnatoAffondatoRadiato
Paciotti (ex Città di Sassari)19221925//1952
Volta (ex Caprera)192119241943//
Le caratteristiche tecniche erano le seguenti:
  • dislocamento (in tonnellate) 3.113;
  • dimensioni (in metri): 93,1 x 11,0 x 5,5;
  • apparato motore: turbina – 4.500 cavalli di potenza – 18 nodi di velocità;
  • armamento: 2 cannoni da 120 e 2 da 76;
  • equipaggio 155 uomini.
Il Pacinotti fu radiato nel 1952 mentre il Volta fu affondato, per errore, nell’ottobre 1943 da due motosiluranti britanniche vicino all’isola di Lero.
Nave appoggio Pacinotti ex città di Sassari
2a Guerra Mondiale – Piroscafo SassariCostruito nel 1907 fu requisito come preda di guerra ed assegnato alla Adriatica (Compartimento Marittimo di Venezia matr. 4/F). Piroscafo ad un’elica di stazza lorda 3.883 tonn. e stazza netta 2.374 tonn., con un motore alternativo a triplice espansione. L’equipaggio era composto da 32 persone civili più dei militari addetti a 6 mitragliere ed 1 cannoncino. Navigò principalmente nel Tirreno ed il suo impiego principale fu quello di trasporto di materiali vari e munizioni.
L’8 settembre 1943 il piroscafo era a Bastia (Corsica) dove erano presenti sia navi italiane che tedesche. La sera arrivarono in porto provenienti da La Spezia il piroscafo “Humanitas”e le torpediniere Ardito e Aliseo. Su quest’ultima, Comandata dal Capitano di Fregata Carlo Fecia di Cossato, erano imbarcati l’Ammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, Comandante delle Siluranti, ed il duca Aimone d’Aosta. Intorno alle 23.30 iniziarono delle sparatorie, i tedeschi cercarono di impossessarsi del porto e delle navi italiane presenti. L’Aliseo riuscì ad uscire dal porto mentre l’Ardito fu sottoposto a forte azione di fuoco da parte dei tedeschi. Il Comandante Fecia di Cossato, vedendo l’Ardito in difficoltà, invertì la rotta ed affrontò undici imbarcazioni tedesche: i cacciasommergibili UJ 2203 ed UJ 2219, di scorta alle Motozattere armate F 366F 387F 459F 612 ed F 623, la motobarca dellaLuftwaffe FL B. 412 e danneggiò anche i piroscafi armati Humanitas e Sassari, che erano stati catturati dai tedeschi. Nell’ultima parte dell’azione partecipò anche la corvetta “Cormorano” giunta nel frattempo a Bastia. In particolare, per quanto riguarda il Sassari, intorno alle 23.30 erano saliti a bordo del Piroscafo 33 tedeschi che dopo aver ammainato la bandiera italiana ed issata quella tedesca impiegarono le armi della nave contro gli italiani. Il combattimento durò circa 5 ore, i tedeschi cercarono, senza riuscirci, di far partire il Piroscafo. Verso le 05.00 la reazione degli gli italiani ebbe successo e fu ripreso il controllo del porto e delle nostre navi.
Terminata l’azione, l’Aliseo, recuperati in mare 25 naufraghi/feriti tedeschi, insieme all’Ardito fortemente danneggiata, diresse verso l’Elba e nel porto di Bastia rimasero la MotonaveHumanitas molto danneggiata ed il Sassari su cui furono rilevati i seguenti danni:
  • erano state rese inutilizzabili le armi di bordo;
  • il piroscafo era stato fatto oggetto di una decina di colpi di cannone che avevano perforato il fianco sinistro, verso poppavia a circa due metri sopra la linea di galleggiamento;
  • tutte le cabine erano state aperte, danneggiate ed asportati numerosi oggetti del personale di bordo;
  • delle dotazioni di bordo mancava solo la scomparsa del binocolo prismatico, in dotazione al ponte di comando;
  • erano stati danneggiati un tubo vapore dei verricelli di carico, le murate in corrispondenza delle stive 3 e 4, la panetteria, un’imbarcazione di salvataggio, la ciminiera e la cabina del Direttore di Macchina.
La mattina del 10 settembre, il Sassari continuò a scaricare il materiale e a riparare i danni. Giorno 11 alle 15.45 il Piroscafo salpò con L’Humanitas per Portoferraio ma appena fuori del porto, alle ore 16.10, questo Piroscafo venne silurato, ma non affondato, per errore dal sommergibile olandese Dolfijn, che non era a conoscenza dell’Armistizio, lo stesso che nei mesi precedenti aveva già affondato lungo le coste della Sardegna i piroscafi Sabbia edEgle.
Il Sassari dopo essersi in un primo tempo fermato alla fonda in rada, su sollecitazione del Comando Marina, proseguì verso Portoferraio dove diede fondo in rada verso le 21.15. Intanto, l’Humanitas alle 19.20 era stato attaccato anche da aerei tedeschi e successivamente, nell’impossibilità di rimorchiarlo, tra le 23.00 e le ore 23.30 venne affondato a cannonate dalla scorta.
La mattina del 12 settembre il Sassari cominciò a scaricare la merce in banchina e tale operazione continuò fino a giorno 16 quando, dopo un bombardamento aereo tedesco alle ore 10.30 ed il lancio di manifestini con l’ordine di resa dell’isola, il Comandante del Piroscafo decise di distruggere tutti i documenti segreti, compresi i cifrari, e di far sbarcare l’equipaggio.
La mattina del 17, l’isola fu occupata dalle truppe tedesche, senza alcuna reazione da parte italiana. Il 19 i tedeschi si informarono sullo stato di efficienza del Piroscafo. Il 20 la nave riprese lo scarico delle merci ed il 30 partì per Livorno con a bordo militari tedeschi. Il 2 ottobre la nave venne requisita dalla Germania.
Piroscafo città di Sassari1910
Primo dopoguerra – Il Piroscafo Sassari (ex Pace)Piroscafo costruito nel 1921 con il nome originale di “Cuba” ed acquisito nel 1947 dalla Linea Messina S.p.A..Utilizzato per crociere in Mediterraneo, in particolare nel 1955 fu utilizzato per una crociera da Genova a Lisbona cui presero esponenti della nobiltà italiana che si recavano a Cascais (Portogallo) per il matrimonio di Maria Pia di Savoia. Il Piroscafo dopo essere stato ristrutturato nel 1959 prese il nome “Sassari” e fu adibito alla linea Genova – Porto Torres per conto della Regione Sardegna. Fu demolito nel 1962.



Tratto da  http://www.lavocedelmarinaio.com/2015/05/sassari-sul-mare-dalla-grande-guerra-agli-anni-60/

lunedì 8 gennaio 2018

E mentre a Sassari nella modernità si hanno grossi problemi idrici, vediamo cosa succedeva nella storia, quando a gestire era la cittadinanza mediante il municipio


A cura di:  Mario Grimaldi


Quando a gestire era la cittadinanza...


Un luogo non molto conosciuto di Sassari conservava e celava un segreto che pare lo renda unico al mondo. Si tratta di una galleria : un tunnel stretto che si snoda sotto terra, per oltre quattro Km., partendo da dietro la palazzina liberty, presso il vecchio acquedotto di Sassari, fino ad arrivare al bacino artificiale di Bunnari (strada per Osilo). Codesta galleria scavata, dall'uomo, intorno alla seconda metà del XIX secolo è stata oggetto di studio da parte dei ricercatori che hanno studiato la genesi di alcune piccole concrezioni subacquee fino ad ora conosciute.

Laura Sanna (dell' Istituto di Biometereologia del C.N.R. di Sassari e speleologa del G.S.A.S.) insieme al collega Paolo Forti (dell'Istituto Italiano di Speleologia di Bologna) hanno rivelato che questi particolari speleotemi si sviluppano dal basso verso l'alto in presenza di bolle stazionarie di gas; queste piccole sacche d'aria sono il prodotto della decomposizione di materia organica che col tempo si è depositata sul fondo della conduttura.

La brava Archeologa LAURA SANNA, intervistata ha chiaramente fornito altre preziose informazioni sul sito e come è nata la sua scoperta scientifica ( Le notizie di sotto riportate sono state apprese dalla rubrica omaggio "FARMACIA DINAMICA"):

<<< ""La galleria è lunga circa 4.200 metri ed è divisa in due parti: il primo tratto di 2.250 metri è compreso tra Viale Adua e la stazione di pompaggio nella valle dei Ciclamini;il secondo segmento dopo una serie di curve collega questo punto e Bunnari. L'accesso è possibile dalla palazzina dell'Acquedotto; l'ingresso dalla parte di Bunnari è inaccessibile a causa della vegetazione. Il tunnel serviva a portare l'acqua dal bacino artificiale di Bunnari all'acquedotto realizzato a monte del nucleo storico della città.

Il tunnel venne scavato tra il 1874 e il 1880 e rappresentava un opera pubblica molto attesa dai sassaresi. La cittadinanza aveva un grosso problema di approvvigionamento idrico, che dipendeva dalle fontane storiche e non garantiva la necessaria salubrità. La galleria e la diga del Bunnari, inaugurata il 15 agosto del 1880 , rappresentarono una svolta storica. Purtroppo in nostri antenati scoprirono subito che l'infiltrazione di sostanze organiche dovute alla presenza di pascoli e fabbriche di lino inquinava l'acqua di Bunnari.

La scoperta di una falda acquifera lungo il percorso della galleria e l'esecuzione di nuovi lavori pubblici risolsero il problema nel 1932. E' incredibile che diversi decenni dopo i sassaresi abbiano deciso di realizzare la discarica a Calancoi, proprio sopra il tunnel. In più in tutta l'area, come nel resto dell'agro di Sassari, si è registrata un'urbanizzazione diffusa: non sappiamo quante case abbiano le fosse settiche a norma. Anche questo è un problema per la salubrità delle numerose falde acquifere della zona.
La scoperta di questi speciali speleotemi (Uno speleotema - in greco, "deposito in grotta" - è un deposito minerale secondario formatosi in una grotta), è avvenuta allorchè la brava archeologa ha visitato la grotta allo scopo di condurre una ricerca su come fosse cambiata la concentrazione di CO2 nell'area urbana di Sassari negli ultimi cento anni e, quindi, gli speleotemi delle cavità artificiali sono ottimi archivi delle condizioni ambientali del passato.
Grazie a questi sopralluoghi abbiamo trovato, continua Laura Sanna, degli ulteriori elementi di interesse: a circa metà del tunnel, in una pozza vicino a una frattura nella roccia da cui fuoriesce dell'acqua, abbiamo trovato dei concrezionamenti subacquei. A prima vista sembrano dei piccoli vulcani alti tra i 2 e i 5 centimetri con un diametro massimo di 1,5 centimetri. Si tratta di stalattiti che crescono sul pavimento e che sono alimentate da una gocciolina di gas. Dopo averle studiate a fondo, abbiamo deciso di chiamarle anti-stalattiti subacquee.
Il risultato di questa ricerca è stato pubblicato sulla rivista nazionale Hypogea in occasione del Congresso internazionale sulle Cavità Artificiali che si è svolto a Roma lo scorso marzo 2015.

LE CONDIZIONI IN CUI VERSA LA CAVITA', PURTROPPO, NE RENDONO IMPOSSIBILE LA FRUIZIONE AL PUBBLICO ... E' GIA' UN PRIMO PASSO CONOSCERNE L'ESISTENZA E LA STORIA, PERCHE' CI RICORDA CONTINUAMENTE QUANTO SIA PRECARIO IL RAPPORTO TRA L'UOMO E LE SUE FONTI PRIMARIE DI SOSTENTAMENTO.