domenica 10 gennaio 2016

SASSARI: ricordi dei ricordi.




Da viale Italia arriviamo all' Emiciclo Garibaldi 

Quanto state per leggere è stato scritto da Angelino Tedde ( storico dei sistemi educativi, laureato in lettere si è dedicato alla ricerca universitaria insegnando Storia della scuola presso l'università di Sassari) e pubblicato sulla "Nuova Sardegna" in data del 13 agosto 1968.

" L’emiciclo Garibaldi è un porto di mare: pullman che arrivano, pullman che partono. Una folla fluida, ora numerosa e variopinta, ora sparuta e monotona occupa a tratti l’enorme semicerchio, vera arteria di Sassari.
      E Mazzini se ne sta lì a guardare, noncurante della folla, dando le spalle a Vittorio Emanuele che lo tiene a bada da Piazza d’Italia, sua reggia.
     Lo sdegnoso genovese guarda i giardini e le macchine che quasi gli sfiorano il naso; si gode l’ombra delle palme e i colori del suo prato inglese, se ne sta fermo, privo d’iniziativa, solo, in mezzo all’emiciclo che non è suo, ma di Garibaldi che, ironia della sorte, anzi dei sassaresi, è monumentalmente assente.

Emiciclo Garibaldi - 1921

Garibaldi però c’è, ma in incognita. A volte lo si nota seduto in qualche panchina dei giardini; a volte lo s’intravede nell’andatura dei paesani dal passo garibaldino. L’eroe dei due mondi non lo si vede chiaramente, ma è presente, guida le folle del suo emiciclo e le fa marciare queste folle, varie a secondo dell’ora. E a causa di questa marcia di uomini, di donne, di giovani, l’Emiciclo Garibaldi a tratti sembra una giostra. Una giostra che quando si ferma bizzarramente crea il caos. I pullman all’emiciclo stanno in qualsiasi posizione, si rendono conto di essere padroni, per quanto defraudati dalle abusive, che da tempo hanno preso confidenza con essi, per niente infastiditi. Le abusive familiarizzano, s’intrufolano, e a dispetto del monumento semovente dei vigili urbani, fanno i comodi loro. Di motocicli poi se ne vedono di tutti i tipi sul naso e sul groppone dei pullman: hanno preso confidenza anch’essi coi grossi pachidermi azzurri.

        A momenti all’emiciclo non è possibile collocare uno spillo. Un affettuoso abbraccio a tutti, uno spintone a qualcuno, uno scontro con più di una “magistralina”. Già, perché l’Emiciclo senza l’Istituto Magistrale la più rispettabile agenzia matrimoniale di tutta la città, non sarebbe l’emiciclo. Studenti di tutte le scuole, universitari di tutte le facoltà, in attesa delle avvenenti fanciulle che studiano con vivo impegno in quelle salde e vecchie mura. Al mattino queste ragazzine variopinte si affrettano da tutte le parti: giungono a schiere dalla stazione ferroviaria, da via Brigata Sassari, da via Carlo Alberto e intasano letteralmente la corona semicircolare. Tutte frettolose vendono simpatia, sorrisi, brevi sussulti al cuore di chi a vive spinte deve passare per recarsi al lavoro o soltanto per ritornare sui suoi passi. Dalle otto alle nove l’Emiciclo è in mano alle studentesse: si tratta di un’occupazione pacifica, gradita, contraddistinta da una sensibilità cromatica raffinata e ispiratrice. Nelle altre ore l’emiciclo è in mano ai paesani. Dialoghi in sardo s’incrociano allo scanzonato dialogare in sassarese degli autisti delle corriere in sosta, eterni bevitori di caffè.
Emiciclo Garibaldi 1962
      Non è assente la musica e il colore all’Emiciclo: due cose che le bancarelle degli ambulanti vendono gratis a chiunque, insieme alle costose bambole, agli accendisigari, ai ninnoli portafortuna. E non mancano in mezzo a quella baraonda i tipi che danno il tocco. Antonino è sempre lì, gentile portabagagli e punto di riferimento per i pullman della SCIA.
     In mezzo al mare in tempesta: la gente all’emiciclo giunge a ondate. Né manca l’ufficio informazioni: informazioni sportive naturalmente. E’ l’ufficio dell’edicolante, che vende le notizie gratuitamente ogni lunedì alla stessa ora.
        Un mio caro amico non fa che dire peste e corna dell’Emiciclo, ma io non sono del suo parere, lui ci abita, poveretto: io ci passo frettolosamente o tutt’al più entro nel bar Sanna per farmi servire il caffè, da un cameriere piccolo, ma che in fatto di caffè è più che grande. Ad ogni buon conto, per quanto frettolosamente all’emiciclo ci passo volentieri. Ivi ritrovo i miei sogni di studente spensierato e non di rado qualche compaesano che olezza di formaggio pecorino e di lentisco: grati ricordi della mia infanzia e non solo della mia, ma di una buona metà dei sassaresi. Solo di notte l’Emiciclo riposa impregnandosi d’aroma campestre. Ed è proprio allora che Garibaldi lo si può incontrare mentre scambia quattro chiacchiere con Mazzini e fa ciao a Vittorio Emanuele, che da Piazza d’Italia, solenne più che mai e un tantino sospettoso, gli risponde col saluto di “Salve, Generale”.


Angelino Tedde