venerdì 6 marzo 2015

SASSARI - SANT'APOLLINARE DEVASTATA DALLE FIAMME:







A CURA DI: MarioGrimaldi
"FIAMME INSOLENTI"


Sicuramente tutti sanno che il 13 dicembre del 1650 nella chiesa di Sant'Apollinare (in Sassari) si sviluppò un furioso incendio (arrivò " IL FUEGO") che bruciò quasi del tutto il Santo Cristo. Lo ebbe a recuperare tra i cavalli di fuoco un certo Sig. Antonino Siculo, ma ridotto, oramai, dalle fiamme, a un troncone, senza braccia, senza gambe, senza mani  e senza piedi.

Pietro Quesada scrisse: " le fiamme insolentissime rispettarono il volto e il sacratissimo petto custodia di tante insigni reliquie". Poi da perfetto scrittore forense pomposamente aggiunse: " Chi allontanerà i mali che ci sovrastano, se il simulacro protettore, se il palladio giace distrutto, se non ci resta asilo di sicurezza? Sovrasta la ruina della città, quando accade l'incendio dei penati! "
In effetti la popolazione vaticinò prossime altre gravi sventure e soprattuto agirono i Cappuccini, che in qualche modo avevano forzato il Santo Cristo a compiere il miracolo della pioggia. Indussero il rettore della chiesa di S. Apollinare ad immettere nel petto del Santo Cristo , restaurato e quasi del tutto rifatto dallo scultore sassarese Diego Manunta, una pergamena in latino insieme ad un pezzetto di corda, un pizzico di capelli biondastri, una scheggia di legno e un pezzetto di carbone < dissero essere "reliquie" ritrovate da un loro padre venerando tra le ceneri dell'incendio >
Alla scheggia di legno imposero il nome greco: "Temaxion", ai capelli biondastri: "Kome", alla
 corda: "Kalos" e al carbone: " Antrakos".Una autentica "punga" (magia), secondo le regole esorcistiche del tempo.
Si considerò il Santo Cristo come persona viva, minacciata da forze occulte? Probabilmente, al modo del fideismo popolare un po' pagano e un po' fatalista denso di miti e di magia passiva.
E nell'anno seguente sulla città e campagne imperversò la peste. La più apocalittica della storia della nostra città dove morirono più di ventimila abitanti. I cinquemila rimasti in vita rinnovarono il voto di portare i famosi ceri (o candelieri) a Nostra Signora di Mezzagosto in S. Maria di Betlem e via via la Sassari dei quartieri popolari riprese il suo cammino con le "banderes, pifferi e tamburi", mentre la Sassari alta passava il "fossato in ponte" dal regime spagnolo al regime piemontese.
In quegli anni il volto del Santo Cristo si impresse in quello degli zappatori col cagnolino di Lazzaro e in quello degli acquaioli con l'asinello di Betlem. Gli uni e gli altri portavano sul petto un "breve": Temaxion, Kome, Kalos, Antrakos per allontanare gli spiriti e le intemperie.