lunedì 24 novembre 2014

Sassaresu in Ciabi



A cura di : Tino Grindi
"Sassaresu in ciabi" 
è ora che si spieghi che cosa esattamente vuol dire. 


Chiaramente, quello di essere sassarese almeno da sette generazioni, detto, usato da tanti anni non corrisponde al vero, ma è nato nel tempo, come uso improprio, per motivi campanilistici nei confronti dei forestieri che venivano ad abitare a Sassari, e quindi i Sassaresi, quelli veri, radicati da tempo nella città, rivendicavano le origini lontane dei loro antenati, perdiversificarsi da quelli venuti dall’esterno, da sempre chiamati, “accudiddi”.

I veri “sassaresi in ciabi”, così chiamati, erano dei privilegiati, solitamente ospiti dei governanti della città, che arrivavano a Sassari in visita e poi, fare delle escursioni esterne presso tenute o campagne, quindi il ritorno in città superava l’orario di chiusura delle porte della città, ma per loro, era consentito un rientro assistito a qualunque ora, tramite la guardia incaricata, che apriva la porta principale di Sant’Antonio e riceveva gli ospiti.


Tutto ciò accadeva nel Medio Evo, Sassari essendo città fortificata governata in prosecuzione: dai Pisani, Genovesi, Aragonesi e dagli Spagnoli poi, infine dai Savoia, aveva delle rigide regole per quanto riguardava l’ingresso e l’uscita dalla città, una di queste era l’orario di rientro, entro le ore 20.00.


Una guardia prima di chiudere le porte gridava un solito avvertimento in sassarese: “ ca è drentu è drentu ca è fora è fora”! Quindi, la chiusura tramite enormi chiavistelli, spranghe e crocchi, e tanti saluti fino all’indomani mattina.

Perciò, anche a quei tempi, esistevano i favoriti così come adesso; autorità o amici degli stessi poteva usufruire di un trattamento agevolato, alla faccia degli altri abitanti che popolavano la città e lavoravano all’esterno, ma il loro cruccio era di essere prigionieri tra le mura, e per nessuna ragione era consentito loro di contravvenire alle regole imposte dai governanti. Ecco quindi la vera storia del modo di dire “ in Ciabi”, tramandata nei secoli fino ai nostri giorni con sempre quel pizzico di spirito campanilista, per poter, almeno in quel caso, evidenziare che i sassaresi sono sempre stati “servi in casa propria”.

Tino Grindi.