mercoledì 8 ottobre 2014

FINE SECOLO XVIII°: " LE DUE SARDEGNE "












A CURA DI : Mario Grimaldi




LA CACCIATA DEI PIEMONTESI E IL MOTO ANTIFEUDALE.
Verso la fine del diciottesimo secolo ancora una volta le apparenze ingannano, e l'ombra delle < due Sardegne > riaffiora minacciosa dalle nebbie del passato : come altre volte era accaduto, i Sardi non sanno approfittare della situazione favorevole (creatasi per la cacciata dei Piemontese dall'Isola) che li vede padroni della loro terra. Partiti i
< guardiani >, infatti scoppiano le rivalità tra le correnti e si formano due
< partiti > nettamente opposti.
Mentre a Cagliari predominano i liberali che, capeggiati dall'Angioy, intendono proseguire nella strada della libertà, SASSARI diventa la roccaforte dei conservatori, che non vogliono spingere oltre la rivoluzione.
A questo punto il re compie un abile mossa: nomina Intendente Generale del regno l'ex ribelle Gerolamo Pitzolo, che ovviamente si schiera con i conservatori e ne diviene il capo, ma paga con la vita il suo voltafaccia (6 luglio 1795). La situazione è particolarmente complessa, e SASSARI ne approfitta per chiedere al re l'indipendenza da Cagliari: anzi per accelerare i tempi della secessione, costituisce un proprio PARLAMENTO! Cagliari, a sua volta, fa occupare la città ribelle dai feudatari < progressisti > ....
Come è facilmente comprensibile, lo spettacolo non era edificante: NEL MOMENTO IN CUI SAREBBE STATA INDISPENSABILE L'UNIONE, LA SARDEGNA APPARIVA PROFONDAMENTE DIVISA, e il risultato non poteva essere che la fine ingloriosa di ogni speranza di redenzione.
Abbiamo visto i feudatari < liberali > combattere contro i feudatari
< conservatori > : padroni contro i padroni, dunque! Per il popolo non era cambiato niente: anche i baroni < progressisti >, infatti, continuavano a taglieggiare i propri sudditi.
Comunque nel frattempo vi furono altre insurrezioni, tanto che il vicerè rientrato a Cagliari, si opera per riprendere il controllo della situazione e manda a Sassari come plenipotenziario Giovanni Maria Angioy (che si ricorda essere il capo dei liberali), il quale non appena compresi i validi motivi che hanno suscitato le rivolte contro i feudatari, egli stesso si erge a capo dei rivoltosi, così tradendo la fiducia del vicerè. I moti antipiemontesi si trasformano in moti decisamente antifeudali. La Sardegna è in fiamme. 
Angioy decide di occupare Cagliari e il vicerè lo dichiara fuorilegge.
"L'esercito" dei rivoluzionari si rinforza sempre più, ma in prossimità di Oristano (la città degli Arborea) la marcia su Cagliari dei ribelli viene interrotta con una sonora sconfitta inflitta loo da un esercito prevalentemente costituito da Sardi; siamo nel 1796.
La reazione del governo è immediata e facilmente traducibile in tre parole: rappresaglie, processi, forca.
Bono il paese di Angioy soccombe sotto i cannoni di 900 soldati sardi che possedevano, appunto quattro pezzi di artiglieria, e saccheggiato. 
Angioy scappa in Francia dove, senza successo, cercherà di convincere il Direttorio e Napoleone a promuove una campagna tesa all'occupazione della terra sarda. Muore esule in Francia nel 1808.
M. G.