venerdì 23 settembre 2016

"FARADDI LI CANDARERI A FORA LI BRASGERI"


A CURA DI MARIO GRIMALDI


“Fallu Baddà”


Si inizia il mattino del 14 agosto, di buon ora, ogni Gremio ritira, dalla cappella della propria sede, il candeliere e lo trasferisce presso l’abitazione dell’ Obriere dove si inizia la vestizione che avviene in allegria, a suon di piffero e tamburo. Tutto sotto gli occhi degli astanti, che tra un buon bicchiere di birra o di vino annaffiano gustosi antipasti (olive, salsiccia, formaggio - possibilmente marcio), mentre nulla sfugge del tradizionale rito, agli occhi colmi di curiosità. Già dal primo pomeriggio i candelieri, addobbati di tutto punto, (qualcuno a braccia, altri in moto carrozzella o su un furgoncino) vengono trasferiti in Piazza Castello - luogo di raduno - in attesa dell’inizio della "faradda", che generalmente ha inizio intorno alle ore 18/18,30. Tra il gran fragore degli spettatori, una enorme fiumana di persone, che si articola per tutto il corso Vittorio Emanuele, dopo aver attraversato Largo Cavallotti, per proseguire successivamente per Corso Vico e fino alla meta finale di Piazza Santa Maria, i CANDELIERI di nastri e bandierina vestiti, sfilano portati dai coloriti portatori che si esibiscono in faticosi balli diventando oggetto di fotografi dilettanti ma anche di veri professionisti impegnati ad immortalare la festa più grande e sentita a Sassari. 
In tarda serata, tra un “FALLU BADDA” e un “ohoh….ohoh.. ooo”, arrivano a Santa Maria, dove, davanti alla chiesa continuano le loro evoluzioni e balli. Ed è, infine , il momento di entrare in chiesa per lo scioglimento del voto; i “CERI” saranno disposti intorno al cataletto della Vergine dormiente, mentre la cerimonia di preghiera si conclude con la benedizione. L’ingresso in chiesa si svolge, col massimo rigore, in ordine inverso rispetto a quello di sfilata che, fino all’ultimo scorso anno era il seguente - <(quest’anno 2016 è stato ammesso alla sfilata un altro candeliere (quello dei macellai che dopo aver salutato presso la chiesa del Rosario la Madonna e acquisita la benedizione dal Vescovo sarà il primo a iniziziare la "faradda") > -

FABBRI, PICCAPIETRE, VIANDANTI, CONTADINI, FALEGNAMI, ORTOLANI, CALZOLAI, MURATORI, SARTI, MASSAI.
COMPITO DELL’ULTIMO CANDELIERE , QUANDO ARRIVA DAVANTI AL CIVICO (ANTICO PALAZZO DI CITTA’), DOVE IL SINDACO ATTENDE, E’ QUELLO DI ENTRARE NEL PALAZZO, DOVE SCAMBIA LA PROPRIA BANDIERA CON IL GONFALONE DEL COMUNE, ADEMPIENDO AL COSIDDETTO RITO “DELL’ INTREGU”; SI BRINDA " A ZENT'ANNI", E SI SI INVITA IL SINDACO AD UNIRSI AI CANDELIERI NELLA SFILATA.

Un’altra curiosità riguarda il Candeliere dei Muratori che quando arriva in prossimità della chiesa di Santa Maria, In Corso Vico devia il suo percorso in direzione di quello spiazzo dove in antichità si trovava uno degli accessi alla città (Porta Uzzeri): qui esegue un ballo finalizzato a bloccare, in termine simbolico, un eventuale nuovo tentativo, da parte della peste, di entrare in città.( Si dice che l’ultima vittima della peste, in Sassari, sarebbe uscita,per l’appunto, dalla porta ubicata in detto sito di Largo Porta Uzzeri).
(mariogrimaldi)

DAI RICORDI ESTIVI DI UNA SASSARI DI ALLORA
<LA FESTHA MANNA> 

“Non c’è un sassarese che d’agosto non senta un tempo nuovo maturare e col tempo, il gusto, una sete di godersi la vita per le strade. E adesso era Ferragosto, i Candelieri, la Festa Manna. 

Un nostro concittadino (poteva essere ognuno di noi) saliva contro corrente, lungo il Corso affollato di gente che andava in qua e in la, accaldata e sorridente, frenetica non appena un tamburo da un angolo a dal fondo dell’imbuto che pareva il Corso a quell’ora faceva vibrare le finestre e oscillare i drappi, le cortine, i tappeti esposti sui davanzali. Benito (chiameremo così il nostro amico e concittadino) saliva dunque, innamorato di quella gente e di quel chiasso di pifferi e tamburi, attento a scorgere se in alto si vedesse la fiamma del candeliere più antico. Lungo il Corso, oltre il palazzo di Città coi balconi bardati come puledri e le guardie in montura sul portone, la gente diventava folla, siepe umana addensata ai lati, contro le vetrine di Spillo, di Dallay, del Bar Peru, di Bonino, di Trombelli e, più in alto del vecchio Margelli, contro le vetrine della Ditta Rossetti <casa fondata nel 1870>. Il suono dei pifferi , il rullo dei tamburi dal Largo Cavallotti si ampliava in Piazza Azuni, si gonfiava come se il vento suonasse nelle canne o sui cuoi consunti, come se gli stendardi verdi rossi gialli e i cappelli degli obrieri, le code delle redingote e persino l’elsa delle spade dei Viandanti e dei Carrolanti fossero anch’esse piene di musica, di un vento aspro e forte degli umori degli orti delle vigne dei giardini.


I Candelieri avanzavano fra l’ondeggiare delle frasche e il dipanarsi dei festoni azzurri rosa verdi e gialli inchiodati ai Candelieri dipinti e traballanti portati a spalla da squadre di giovani frenetici che marciavano al ritmo del tamburo e del piffero, incrociando il passo, ruotando ora a destra ora a sinistra, più avanti più indietro, in alto, in basso, in ginocchio, fino al ballo più importante dinnanzi al balcone dal quale il sindaco irraggiungibile e irreale agitava la mano in un saluto che si perdeva tra i fumi e i vapori di tutta quella agitazione. Scendevano come ogni anno verso il grano dei Massai, verso gli ulivi cerulei e le mole dei frantoi di Godimondo e di Via La Cona, verso il grigio verde del letame, che profuma fin dalla soglia di Santa Maria di Bethlem. Benito gli andava incontro estasiato, coi sensi aperti a quelle fragranze ,a quelle voci, a quei suoni ch’erano il passato e il presente della sua città."





mercoledì 21 settembre 2016

ACCADDE A SASSARI - NEL 1795 - QUINDI LEGATO ALLA STORIA CITTADINA












A cura di Mario Grimaldi



(Pura storia sassarese per la soddisfazione degli Amministratori.. e spero... non solo) 



Appunto nel 1795 abitava in Via Università. vicino all'incrocio con Via Turritana, una famiglia composta da marito, moglie, un figlio e una figlia, più altre due persone che non si sapeva che mansioni avessero, considerato che per le faccende domestiche vi erano quattro donne. La casa era grandissima e occupava una parte lungo Via Università. fra i "quattro cantoni" di questa e la via che oggi è denominata Largo Pazzola. 

Lo stabile aveva il piano terreno ed il primo (composizione di quasi tutte le abitazioni di allora), e le camere, tra piccole e grandi, dovevano raggiungere il numero di diciotto/ venti. La gente si chiedeva di cosa potevano farne di tutti quegli ambienti di calpestio. 
Si sapeva che il padrone andava quasi tutti i giorni in quella che oggi è P.zza Azuni, ma che al tempo era occupata dalla chiesa di Santa Caterina e dal palazzo del governatore di Sassari, e proprio li si recava il signore che risiedeva in via Università. 
La gente che lo aveva sentito parlare asseriva che non doveva esser sassarese, e forse neanche sardo. Le persone che lo salutavano lo chiamavano don Badessi o don Antonio, e si diceva che fosse un importante funzionario della regia governazione, presso la sede della quale, appunto, si recava tutti i giorni. 
Il governatore si chiamava Antioco Santuccio, ed era nato proprio a Sassari, uno dei pochi sassaresi che ricopri questo importante incarico (e non certo perché gli altri sassaresi erano incapaci!). I nostri concittadini, infatti, non erano allora - e in linea di massima non lo sono neanche oggi- quelli che venivano chiamati "imbroglia popolo", e quindi non ... legavano, e né hanno mai fatto nessuna inutile chiacchera con gente simile. Perciò non facevano carriera dove si assumevano soltanto persone pronte sempre a piegare la schiena. 
E di questo si deve, allora, essere accorto, forse, il concittadino divenuto - quasi, forse, senza volerlo - governatore di Sassari. 

Santuccio aveva infatti studiato leggi, la storia e le tradizioni in generale compreso tutto quello che in particolare interessava la nostra città. Quando studiò teologia i suoi parenti pensarono che le sue intenzioni fossero quelle di farsi prete. Invece, improvvisamente, decise di arruolarsi nell'esercito per perseguire la carriera militare, nell'ambito della quale, dopo pochi anni arrivò al traguardo di colonnello nel reggimento di Torino. Rientrato in Sardegna gli furono concessi diversi importanti incarichi fino ad arrivare a quello di governatore di Sassari. Ma quello era sopratutto un incarico politico, che non era adatto a lui, ma per gli "imbroglioni" e non per una brava e onesta persona come era il nostro concittadino, che non sapeva ne poteva immaginare che in quegli ambienti anche il più caro degli amici poteva, soprattutto allora, pugnalarlo nel fianco. Il gran difetto del nostro governatore era la buona fede e la fiducia nel prossimo che avrebbe dovuto esser onesto ed era, invece, quasi sempre traditore. 

Ma ritornando a Don Antonio Badessi, il proprietario della casa di Via Università, che era alle dipendenze del governatore Antioco Santucciogioi ed ai suoi amici,. 
Questo impiegato era però, si è saputo dopo, un gran ruffiano del diabolico gruppo di disonesti feudatari e simili, contrari a Giommaria Angioi, ai suoi amici e alle sue idee. 
Chi conosce la storia sarda ricorderà che l'accusa più grande che gli avversari cagliaritani divulgavano e dirigevano ad Angioi ed ai suoi amici, era quella di avere promesso ai francesi di aiutarli in caso di occupazione della nostra isola. 
Le redini dell'azione e della lotta contro i proprietari di tutti i terreni dell'isola, li tenevano, all'inizio, i compagni di Angioi A Cagliari, il prete Muroni a Sassari e nei grossi centri vicini. I feudatari (di Cagliari e Sassari), proprietari di quasi tutti i terreni dell'isola/e che avevano anche potere decisionale nelle cause civili e penali/, non vedevano di buon occhio le ribellioni di Angioi, Muroni e compagni. 
Intanto le popolazioni deipaesi e di Sassari non riuscivano più a procurarsi da che vivere ed erano disperati, fino a ché nel 1795, si sono ribellati e, tutti insieme, paesani e cittadini, hanno saccheggiato negozi, gli uffici e le case dei feudatari, impossessandosi di tutto quanto ciò che riuscivano a prendere. 

La popolazione, che in principio aveva ragione, ha poi esagerato e si è fatta prendere la mano, arrestando persino il governatore e l'allora Arcivescovo di Sassari Mons. Della Torre, con l'intento di consegnarli al viceré che, invece, li fece liberare prima che arrivassero a Cagliari. 

Le fazioni Cagliaritane, però, hanno tentato di infangare ancora il governatore sassarese, accusandolo delle stesse colpe attribuite ad Angioi, cioé di intrallazzi politici e tradimento a favore dei francesi e a danno della nostra isola. 

Ed ecco che ritorna in campo il discusso personaggio abitante della casa di Via Univerità angolo Via Turritana. Sembra, infatti che in questa faccenda esposta a proposito del governatore sassarese, dei feudatari e di Angioi, l'infido impiegato e i suoi degni figli, abbiano avuto la mano....lung nei fatti sassaresi a proposito e a danno del governatore Santuccio. 
Infatti, finiti i disordini a Sassari, e ristabilita e la calma, i sassaresi hanno tentato di sapere tutta la verità su quanto era successo, e come mai tanti "pezzi grossi" erano spariti dalla città (fra i primi il misterioso don Antonio Badessi). Erano scomparsi anche i due uomini della casa di viaTurritana, la figlia, il figlio e pure le serve. 
Pian piano si è arrivati a sapere che il misterioso Badessi,(conosciuto da pochi) pezzo grosso dell'ufficio del governatore di Sassari, era un confidente del gruppo cagliaritano che, forse, abusava della fiducia del vicere, che era, di contro, una persona onesta, forse tra i pochi, e che si chiamava FILIPPO FERRERO DELLA MARMORA, conte. 
Insomma quel funzionario governativo che si chiamava Badessi, era un gran ruffiano dei notabili cagliaritani.


Si è scoperto che i figlio e la figlia dell'infingardo compivano frequenti viaggi a Cagliari (quali complici delle ruffianerie paterne, per riferire ciò che succedeva a Sassari), accompagnati dai due uomini che non si sapeva quali funzioni (ora chiare) avessero in casa della spia Badessi. Venne fuori allora, inoltre, che mentre il figlio di quel ruffiano riferiva, la sorella si operava per far trascorrere bene le notti (ma anche i giorni) ai pezzi grossi cagliaritani. 
"Insomma, il povero governatore, onesto ma boccalone, si avvaleva della collaborazione di un uomo fidato!.... 
Don Antioco Santuccio si fidava: era, infatti,come già scritto. uno che non pensava male di nessuno fino a prova contraria. Insomma era proprio sassarese in buona fede, pronto di persona a pagare se sbagliava. 
E meno male che il RE (che era Vittorio Amedeo III) lo conosceva molto bene, ed infatti, annullò tutta la manovra degli infidi del viceré di Cagliari, riconoscendo la piena innocenza del nostro governatore e, anzi, concedendogli la promozione a tenente generale e "generale delle armi del Regno". 

PS :  IL GOVERNATORE ANTIOCO SANTUCCIO HA LASCIATO ALL'OSPEDALE DEI POVERI DI SASSARI TUTTI I SUOI BENI, QUANDO E' MORTO NEL 1804.



giovedì 15 settembre 2016

SASSARI - ECONOMIA REALE ...TANGIBILE



  Un groppo alla gola mi assale....

La ricordo , molto movimentata, traffico intensissimo e parcheggio dei carri con cavallo ( li barrocci e li tumbarelli ), con i loro carichi di ortaggi provenienti dalle campagne e dai paesi vicini; i ricordi mi riportano anche a rivedere quei ragazzi , un po più grandi di me, impegnati nel loro ruolo di trasportatori delle merci appena scaricate: si servivano di ceste o corbule che poggiavano sulla testa ed è per questo che li chiamavano, "li pizinni cu lu mòiu in cabbu". Ricordo Il rifornitore di benzina; le moto che si trovavano in questa foto in sosta vicino alla palma; la fabbrica APE; il deposito del ghiaccio ( a destra in senso ascendente di fianco al mercato); e come dimenticare i vespasiani, posti a dimora, sempre li in aderenza alle mura del mercato, a far "bella mostra" in onore del folclore sassarese. 
La piazza si ricongiunge al viale Umberto, più verso la parte alta, a sinistra incrocia Viale Trieste e, a destra la via del Carmine, quella via che prende il nome, dall'allora convento dei Carmelitani ,a proposito dei quali è opportuno ricordare che, dove oggi è ubicato il mercato, prima trovava il suo ampio spazio il loro giardino. Inutile sottolineare che la nostalgia è tanta. Amici di Sassari, sarebbe davvero bello se in segno di rispetto per la nostra storia e per le nostre origini, condividiate tutti questo post e divulghiate anche ai giovani di oggi le immagini di quei tempi. Quei tempi che non torneranno più ma ci insegnano che non si viveva di mercati azionari ma di mercati veri e propri. Mercati tangibili che creavano sviluppo e lavoro nella nostra città. Oggi si chiama ECONOMIA REALE. A zent'anni

©  2016 ANTONIO CARTA


domenica 11 settembre 2016

Tutti a Vinnannà - Sassari di ieri.

Da un post a cura di Mario Grimaldi.


CURIOSITA' NELLE CONSUETUDINI DI SASSARI DI ALLORA:




IN ZONA VENDEMMIA (evento per noi sassaresi sempre molto atteso).


"Come scrisse Renato Pintus, approfittando dell'occasione della vendemmia Tutta Sassari era in campagna nell'ottobre e dall'una all'altra vigna a far visita vicendevolmente, si facevano pranzi o merende comuni, si dividevano con piacere gli incomodi, si ricevevano gli amici degli amici, si viveva una vita tutta nuova, tutta sassarese, un attività, forse così intensa che non si esplicava in altre città agricole, forse perchè nessuna aveva le campagne così vicine all'abitato come le nostre".
Molto spesso le belle comitive <greffe> si recavano in campagna sull'imbrunire del sabato, con torce a vento o palloncini luminosi e la nottata costituiva la parte migliore del divertimento. Non si deve credere che la comodità delle abitazioni costituisse attrattiva da lusingare le allegre brigate col miraggio di confortanti riposi: tutt'altro!

Si sapeva bene che ogni comodità mancava, eppure ogni disagio si affrontava con noncuranza, anzi con allegria, con quel buonumore caratteristico da cui scaturiva l'arguzia, la risata schietta della persona felice.
Talvolta poche stanze a pian terreno, in parte occupate dal tino, dal torchio e da altri attrezzi agricoli, erano l'unico rifugio dei festeggianti. Ivi si deponevano i soprabiti, i mantelli, le borsette da viaggio, i cappellini: fuorchè a guardarobe questi ambienti rustici non servivano ad altro.
Il teatro del divertimento era il patio <piazzale> dinnanzi alla casa dove ci si rifocillava, si ballava, ci si imparavano giochi di società e si accendevano infine i famosi falò (FUGGARONI) per giostrarvi attorno in una sorta di ballo tondo (da non confondere col ballo sardo).
A QUEL TEMPO DUNQUE RISALGONO LE "vignate sassaresi"?
Se le origini si devono all'impianto delle vigne, certo è che le vignate nacquero con Sassari....

Grazie per l'attenzione.