lunedì 29 dicembre 2014

AZUNI - DI Giovanna Sale




Cenni storici: 
Prof/ssa Giovanna Sale






Questo fu il primo monumento innalzato in Sassari in onore di un cittadino illustre; venne ideato nel periodo precedente l'epidemia di colera che travagliò la città nel 1855(morirono più di cinquemila abitanti su una popolazione censita di venticinquemila), il monumento sorse - per iniziativa delle autorità civiche, dei rappresentanti l'alta cultura nonché della gioventù studentesca - 
al centro della piccola piazza di forma triangolare laddove si era resa disponibile l'area in seguito dell'abbattimento della chiesa di Santa Caterina ,allorché ritenuta decadente e malsana, avvenuto nel 1857. Ad un discreto scultore di Genova (tal RUBATO) venne commissionata la realizzazione del marmo commemorativo che venne scoperto il 13 agosto del 1858; luccicò così l'epigrafe:
PER IMPULSO
DELLA GIOVENTU' STUDENTESCA
DIRETTA DA DETTA COMMISSIONE,
CONFORTATO DA PUBBLICHE
PRIVATE OFFERTE
(QMS -questo monum. sorse) Q. M. S.

Ed ecco, così, che la statua di D. A. Azuni da allora occupò lo spazio di quella piazzetta che, per la sua forma, ricorda la prua di un mercantile che segue la rotta in direzione di Porto Torres.

Il signore, il segretario, la locandiera.


A CURA DI : Mario Grimaldi


    A volte la storia che cerchiamo di raccontare, sulla base di fatti sentiti durante l’infanzia dai nostri vecchi, oppure letti chi sa dove, sprigiona la nostra fantasia, mossa dalla voglia dell’immaginare il come, tantissimi anni fa, si svolgeva ed evolveva la vita dei nostri predecessori. Ed ecco che la mente elabora quelle che io chiamo “Fantasie storiche” (anche se il tutto parrebbe una chiara antitesi: se fantasia è non può esser storia!) utili però per farci sognare e viaggiare, a ritroso nel tempo. Come tale, dunque dobbiamo accettare quanto sto per raccontare: un aneddoto recuperato da chi sa quale racconto o lettura appresi durante l’infanzia e gelosamente conservati nella cantina dei ricordi.... 
    Non so, forse intorno al 1800 Porto Torres era una cittadina portuale ricca di traffici. Pelli, tabacco, legname e molte altre mercanzie costituivano il traffico ogni giorno. Navi che scaricavano merci e navi che ne imbarcavano altre. Dall’alto i Gabbiani assistevano al benessere di gente impegnata in attività commerciali di ogni genere. I cavalli aspettavano fuori dalla “banca”, fuori dalle taverne, fuori dalle officine dove, uomini e donne, si scambiavano mercanzie, soldi e di certo “ALTRO”. In sella a due maestosi cavalli, un gentiluomo sassarese accompagnato dal suo segretario (che altri non era che un figlio del popolo con il quale il nobile, fin dall’infanzia aveva trascorso, in grande amicizia., la sua vita < questo però non era bastato a modificare i modi popolani del fraterno amico un po bifolco>), provenienti da Sassari fecero ingresso nella cittadina turritana ivi spinti per concludere alcuni affari. La strada principale, in quel sabato mattina, era gremita dalle persone più diverse: bambini sudici giocavano nei numerosi guazzi d’acqua piovana ai bordi della strada; beghine dalle lunghe gonne nere si muovevano quasi in processione verso la chiesa; mentre eleganti uomini d’affari, come formiche bianche su un campo bruciato, si distinguevano tra una moltitudine di persone abbigliate con semplicità. I nostri amici, poichè si appropinquava l’ora di colazione, notando verso la fine della strada una familiare insegna di una taverna, reputarono opportuno rifocillarsi dopo la loro lunga cavalcata, prima di compiere il loro doveroso onere per il quale erano giunti in città. Appena sceso di sella, il gentiluomo fu attratto da una donna bionda e dall’aspetto matronale che, armata di ombrellino gli era passata davanti. L’intensa fragranza del suo profumo e il sgargiante colore degli abiti aderenti che indossava risvegliarono nell’uomo una passione mai troppo sopita nonostante la sua mezza età. Vedendo che la donna gli aveva lanciato uno sguardo ammiccante, il gentiluomo non seppe trattenere il proprio ardore e, dopo un ammirato inchinino esordì, sfoggiando il suo miglior sorriso con una frase, chiaramente stereotipo di collezione: “Signora, la vostra bellezza offusca anche la più splendida rosa che sia mai stata colta”. La donna, visibilmente lusingata da quelle gentili parole, rispose abbozzando un sorriso, che subito dopo nascose dietro l’ombrellino rosa. Il tutto continuava a svolgersi sotto gli occhi del segretario, occhi che lampeggiavano di invidia mista ad imbarazzo popolano, quando ad un certo punto l’ardito e nobile dongiovanni estrasse dalla tasca, come per magia, un piccolo cofanetto di metallo e supplicò la signora di accettare in dono quel piccolo carillon. Lo strumento una volta aperto, diffuse nell’aria le dolci note del rondò della sonatina numero cinque di Muzio Clementi. Le guance della donna si venarono di rosso mentre estasiata da quella dolce musica, si portò la mano destra sul cuore. Fu allora che la procace Signora, dopo aver chiesto da chi venisse quell’omaggio e avendo appreso il nome e il titolo del gentiluomo che reputo ben adeguato alle sue buone maniere, si presentò anch‘ essa rivelando il proprio nome e la fortuita circostanza che la vedeva essere la padrona della locanda e che per tale motivo si sentiva onorata di invitare a colazione i due inaspettati nuovi amici che, più che volentieri, furono lieti accettare l’invito.
< (la signora era una piacente donna, intorno alla quarantina, il cui viso truccato con molta cura era appena percorso da qualche piccola ruga. Si seppe in seguito che la vita, in realtà, non era stata troppo tenera con Lei. A soli sedici anni, Beatrice - cosi la chiameremo con nome di fantasia - era stata mandata a servizio da un altro nobiluomo di Sassari. In realtà in quella casa, oltre ad aver assolto quotidianamente i doveri di una donna di servizio, aveva anche condiviso i piaceri del talamo con il suo datore di lavoro e l’affezione si era poi trasformata in amore, tanto che sul punto di morte il suo padrone l’aveva sposata lasciandola erede di ogni suo bene. Solo allora, un fratellastro della signora, un uomo che svolgeva una vita poco cristallina dal punto di vista della legalità, si ricordò di lei e così, nelle rare occasioni in cui le faceva visita, non perdeva tempo per vessarla e e spillarle ingenti somme di denaro. Ora la vedova divenuta nel frattempo padrona di quella locanda, godeva di una certa tranquillità economica, che solo a causa del congiunto non consanguineo non poteva definirsi vera agiatezza)>.Limitandomi a quanto riportato e non volendo entrare in particolari poco convenienti, mi preme dire che quello di quel giorno, in quel di Porto Torres, fu un incontro importante per i nostri personaggi: L’astuto gentiluomo tenne per se come amante la bella signora (dopo averla indotta a vendere la locanda) e la condusse a Sassari dove abito per molti anni, da allora, in qualità di moglie, fedele sposa, del suo fraterno amico e segretario. Dei nostri ignoti protagonisti di questo aneddoto che possiamo definire “Una fantasia storica” che ci accompagna in questi ultimi giorni dell’anno 2014, sicuramente non si vuole ricercare ne una morale ne una moralità per allora improbabile, ma corre l’obbligo di dire che, una volta estintasi la nobile famiglia sassarese alla quale apparteneva il nostro gentiluomo, continuano ad usufruire di tutti i suoi beni di sempre i figli che la bella signora seppe dare a lui e al suo segretario.. Purtroppo non furono in grado di acquisire il casato e fregiarsi del titolo, ma constà che, ancora al giorno d’oggi, i loro discendenti, invisibili e sconosciuti al mondo dei nobili, siano abbastanza ricchi e rispettati ma anche ignari delle loro origini e inconsapevoli che quanto tutto di loro pertinenza gli sia stato donato da una bella e generosa locandiera.
  • Mario Grimaldi.





domenica 14 dicembre 2014

Si dice che :


A CURA DI Antonio Carta


"A Sassari era antica tradizione (che forse resiste ancora oggi) di non convolare a nozze di venerdì. E nei tempi andati, certamente si osservava questa norma consuetudinaria molto più di oggi.

I popolani sassaresi, del resto, sono sempre stati precisi osservando certe credenze, come quella relativa al significato derivante dai fischi nelle orecchie. Se era quello destro che fischiava, voleva significare che in quel momento qualcuno diceva un gran bene della persona; se era il sinistro, significava che non solo si diceva male del soggetto, ma anche che la cosa poteva portare grande scalogna!
Quando si rovesciava l'olio o il sale sul tavolo, quando latrava un cane o si inciampava con il piede sinistro, ci si dobveva aspettare qualcosa di non molto buono. Per il piede destro, invece, l'inciampo avevaun significato di buon auspicio, perché sotto a quel piede poteva trovarsi un tesoro!
Se una persona rompeva uno specchio poteva capitarle una disgrazia perché, dicevano i vecchi sassaresi, era naturale che la persona della quale lo specchio rifletteva abitualmente l'immagine, doveva 
andare in malora.
Gli specchi, a Sassari, si coprivano con un velo o si voltavano verso il muro se in casa moriva qualche persona."
(C.F.R. Webber editore Renato Pintus).



venerdì 12 dicembre 2014

IRONICA SASSARESE.

A CURA DI: Mario Grimaldi









"Gli uomini sapienti" avevano deciso di costruire i grattacieli in "Capu de Villa", proprio come una volta fecero gli aragonesi realizzando il maestoso castello. Salvator Ruju in "Sassari veccia e noba", fece dire, con l'immancabile ironia sassarese, ad un popolano la frase scritta nel post e qui tradotta per chi non mastica bene il nostro dialetto:
(Trad. - il grattacielo nostro è un grande altare e sta bene in piazza Castello, passa il tempo e come Rosello diventa monumento nazionale).
M.G. 



martedì 2 dicembre 2014

IL Lampionaio e la luce elettrica a SASSARI

                                                                       





 A cura di :  Mario Grimaldi


Anche a Sassari, nel 1899 arrivò la "luce elettrica", ed allora era questo l'elemento che caratterizzava le notti della città, a differenza dell'ancora persistente oscurità dei villaggi.

Lo sviluppo demografico non era ancora molto avanzato, ma l'avvento dell'elettricità, che manifestava un notevole progresso, diede la parvenza di una avvenuta acquisizione di nuova connotazione e di rilevante differenza, nel modo di vivere, a confronto con i paesi e villaggi che ancora non avevano potuto usufruire di questo servizio.Ed ecco che così venne, per, a mancare la figura del lampionaio che fino ad allora aveva curato l'illuminazione pubblica. Ma non solo, l'arrivo delle lampade elettriche, ergo del progresso, privò di una sorta di abitudine o divertente gioco, i bambini cittadini che fino ad allora si erano trastullati raccogliendo dalle strade, quasi come per una sorta di collezione, i fiammiferi spenti lasciati cadere dal lampionaio.

Non poco l'illuminazione elettrica suscitò un interesse curioso che pervase la collettività, la città si illuminava improvvisamente, e non in ordine sparso, ma tutta insieme, grazie a queste lampade che si accendevano autonomamente, era scomparso quell'affascinante profilo professionale rappresentato dall'omino con la tasca piena di fiammiferi e che servendosi o di una lunga scala o di una lunga asta accendeva i vecchi fanali che illuminavano la notte.





lunedì 1 dicembre 2014

Sassari: Postetelecomunicazioni - sede centrale.


A CURA DI: Antonio Carta



UN PEZZO DEGLI ANNI 20.

Un pezzo di Sassari degli anni venti che nasconde o sviluppa un pezzo della Sassari antica. 
In questo caso vediamo il magnifico palazzo delle poste e telecomunicazioni, non bruto ma neanche bello, inaugurato dal ministro Costanzo Ciano ( padre di Galeazzo )nel 1926. 
E' l'unico palazzo pubblico della via Brigata Sassari. La quale via s'intitolava ai Giardini che furono creati dai sassaresi quando maturò il primo progetto di sviluppo della città storica.
Il palazzo delle poste è sorto sull'area ricavata dall'abbattimento del vecchio Orfanotrofio femminile che ospitava (e mia madre, che ha 92 anni, lo ricorda ancora ) anche l'asilo infantile più frequentato della città, poi sostituito dal grande caseggiato costruito ai limiti del futuro quartiere Porcellana.


Dunque, una Sassari recente che passa sopra qualche traccia della Sassari vecchia.
L'orfanotrofio sostituito dal palazzo delle poste originariamente era il convento dei Dominicani che officiavano l'attigua chiesa di Nostra Signora del Rosario.
Sul filo dell'edificio della futura via Brigata Sassari correva il tratto delle vecchie mura medievali che confluiva nel Castello Aragonese. Il palazzo delle poste, oltre a essere delimitato dalla via Brigata Sassari, viene delimitato anche dalla via Turritana e da Piazza Rosario.
(Antonio Carta).