sabato 21 febbraio 2015

LA RIVOLUZIONE DEI CONSUMI


A CURA DI: Mario Grimaldi
PILLOLE DI STORIA:
"LA RIVOLUZIONE DEI CONSUMI"

Abbiamo abbondantemente trattato del consumo alimentare nel medioevo, e sicuramente il riferimento è stato rivolto anche a Sassari città medioevale. Andiamo avanti:“ nel linguaggio comune consumare vuol dire usare qualcosa tanto a lungo e tanto intensamente da sciuparla e doverla buttare via. Nel campo della disciplina che si chiama “economia”, invece, il consumo è l’acquisto e l’utilizzo di beni “primari”, cioè quelli che servono alla sopravvivenza (come, e soprattutto il cibo, i vestiti, le abitazioni) e di quelli “superflui”, che uomini e donne si procurano per soddisfare i loro piaceri”. Usando la parola “consumo” in senso economico, alcuni storici affermano che intorno al 600 si verificò una vera e propria “rivoluzione dei consumi”, determinata dall’ economia-mondo, la quale fece affluire dalle Periferie (Americhe, Asia, Africa) al Centro (I Paesi Europei) prodotti nuovi che mutarono radicalmente le abitudini e i gusti delle popolazioni occidentali. Bisogna sottolineare, però , che “rivoluzione dei consumi” non significò anche “rivoluzioni dei consumatori”. A parte alcune nuove piante provenienti dall’America che divennero il cibo dei poveri, tutti i cibi che ci raggiunsero affluirono, come al solito, solo nelle case dei ricchi. Contadini, artigiani continuarono a consumare solo ciò che riuscivano a produrre essi stessi.I consumi dei poveri, all’epoca, restarono gli stessi di sempre: cioè, vestiario e, nei giorni di festa, vino o acquavite fino ad ubriacarsi.Mentre sulle tavole dei ricchi e dei nobili capeggiavano le ostriche e dentro una ghiacciaia lo champagne, il vino elettrizzante da poco inventato nell’omonima regione francese dall’abate Dom Perignon, mentre, come prima accennato i poveri, esclusi dal consumo di bevande raffinate (ma non solo quelle di natura enologica, ma anche altre, tipo il tè e il caffè) bevevano birra o vino di pessima qualità fino a che qualcuno ebbe l’idea di distillare dalle vinacce una nuova bevanda, l’acquavite che ben presto divenne il liquore preferito dai poveri. La si beveva nelle osterie, che in genere sorgevano fuori dalle porte della città, perchè in tal modo non pagava il “dazio” (era la tassa imposta a tutti i prodotti che oltrepassavano la cerchia delle mura).Ci sarebbe da scrivere interi capitoli su questo argomento, ma concludo sottolineando che i cambiamenti di gusto avvenuti in quel lontano periodo NON furono soltanto il frutto dell’arrivo nelle nostre città di merci esotiche, ma anche di una nuova mentalità del lusso che si instaurò in tutta l’aristocrazia e che aveva lo scopo principale di creare un abisso irraggiungibile tra i nobili e tutte le altre classi, quella borghese in primo luogo.
M.Grimaldi