A cura di Giuseppe Idile
Zia Maddarena Fois, era sposata con un reduce della guerra d’Africa proveniente dalla Bassa Gallura, forse una frazione di Badesi (Muntiggioni), di cognome Oggiano, che morì a 40 anni a causa di problemi cardiaci. , Rimasta vedova giovanissima, si trovò costretta a darsi da fare per mandare avanti una famiglia con due figli e una sorella, Letizia, inferma con problemi gravi di deambulazione (Poliomielite). Abitavano in zona Tra via Munizione Vecchia, Via Giorgio Sotgia e Via Arborea.
I tempi erano duri. Quando finì il secondo conflitto bellico mondiale, la sorella Letizia, grazie alle nuove leggi, riuscì ad ottenere una minima pensione di invalidità perenne, che, gestita in toto da Zia Maddarena, aiutò tutti a vivere un po’ meglio. Una famiglia che conobbe davvero la fame. Per zia Maddarena, tutto era da considerarsi una risorsa riciclabile.
Anche i tappi di sughero delle damigiane o Bottiglie di vino, aceto e olio, venivano riutilizzati e rivenduti. I figli erano stati educati a questo e anche loro tutto quello che trovavano buttato in discarica, viottoli di campagna ecc. lo portavano a casa per la supervisione di zia Maddalena. Chi doveva sbarazzarsi di un vecchio materasso di crine, si rivolgeva a loro che disfacevano il materasso, spesso appartenente a qualche vecchio ammalato e deceduto, facevano bollire il crine e mettevano ad asciugare tutto in solaio. Imbottivano o creavano cuscini e materassini per poltrone.
Nella loro casa quasi non c’era più posto. La tavola era sempre imbandita di chincaglierie varie, Cugnori di campagna senza maniggu, Madonnine, crocefissi, Lavamani di ferro smalto, lattine di pumatti rugginosi da trattà cumenti diauru pa' lu foggu, , tappeti frazzaddi, scendiletto di pelli di agnello, candelabri… e chi più ne ha più ne metta. Al restauro delle minuterie, veniva anche impiegata la manodopera della signora Letizia che da seduta, partecipava comunque a questa giornaliera attività della sua famiglia. Anche le merci degradate del mercato ortofrutticolo, subivano il setaccio di zia Maddalena che in parte le puliva per bene dalle muffe e le riutilizzava come cibo quotidiano e se c’era abbondanza le rivendeva a prezzi modici alle vecchiette vicine di casa.
A Sassari, quando qualche pensionato tirava le cuoia, la casa veniva messa in vendita dai parenti. Tutti i mobili e suppellettili, passavano tra le mani di Zia Maddarena, che diventava interlocutore di primo piano, insieme ai suoi figli ormai cresciuti, che procedevano a una prima fase di restauro/pulizia. Uno dei migliori clienti era un rigattiere che aveva un negozio in zona Santa Ciara / via Duomo, di nome Saivvadori soprannominato “A Casci” Il soprannome era dettato dal fatto che quando qualcuno gli proponeva qualcosa, lui per tirare il prezzo, diceva che roba come quella era inflazionata e che lui stesso ne custodiva a Casci. ( Casse Piene ) Quindi... Casci 1 e casci 2 a Sassari presto veniva confezionato l’Ingiugliu e non ti ni lu buggava più nisciunu. Tutta l’intraprendenza di Zia Maddarena, la rese famosa in positivo ma anche in negativo.
A Sassari, quando qualche pensionato tirava le cuoia, la casa veniva messa in vendita dai parenti. Tutti i mobili e suppellettili, passavano tra le mani di Zia Maddarena, che diventava interlocutore di primo piano, insieme ai suoi figli ormai cresciuti, che procedevano a una prima fase di restauro/pulizia. Uno dei migliori clienti era un rigattiere che aveva un negozio in zona Santa Ciara / via Duomo, di nome Saivvadori soprannominato “A Casci” Il soprannome era dettato dal fatto che quando qualcuno gli proponeva qualcosa, lui per tirare il prezzo, diceva che roba come quella era inflazionata e che lui stesso ne custodiva a Casci. ( Casse Piene ) Quindi... Casci 1 e casci 2 a Sassari presto veniva confezionato l’Ingiugliu e non ti ni lu buggava più nisciunu. Tutta l’intraprendenza di Zia Maddarena, la rese famosa in positivo ma anche in negativo.
Chi la conosceva la stimava tanto, perché nonostante la vedovanza, la ristrettezza economica e la guerra, era riuscita a non far patire la fame ai propri figli e alla sorella disagiata. Un grande gesto d’amore di una donna. Però imperversavano anche le male lingue e i denigratori. Senza alcuna pietà la soprannominarono accoglia Ciociò. Ciociò sta per fanghi melmosi e spesso maleodoranti. Avrete comunque capito il senso. Tutt’ora a Sassari, quando qualcuno trova per strada qualcosa di vecchio e utile, viene apostrofato e denigrato come "parenti di accoglia Ciociò". ( Anonimo ) Questo è tutto. Più avanti ci occuperemo di Caggamiddai e di “ E’ pronto l’orologio” . ( Sempre zona di Via Arborea e piazza università )